sabato 14 dicembre 2024

Monologhi accusatori dei soggetti narcisisti patologici


Un monologo di questo tipo, articolato da una criminologa che si rivolge a vittime di narcisisti, potrebbe partire con l'intento di avvertire le ascoltatrici sui meccanismi di manipolazione, ma rischia di cadere in una generalizzazione eccessiva che indebolisce il messaggio. La relatrice si concentra sulla figura di "loro", attribuendo caratteristiche negative a un gruppo indistinto e senza riconoscere la possibilità di eccezioni. Ecco una disquisizione su questo monologo:


Introduzione del monologo e struttura argomentativa:
L’oratrice sembra puntare sulla ripetizione martellante del pronome "loro" per creare un effetto di allarme collettivo, descrivendo un comportamento tipico di narcisisti egocentrici e manipolatori: ribaltano le situazioni, criticano per sminuire, esasperano problemi personali per ottenere attenzione, e mirano a erodere l’autostima delle vittime. L’idea è di fornire alle ascoltatrici uno schema comportamentale riconoscibile, un vademecum per smascherare chi potrebbe causare loro danni emotivi e psicologici.

Il problema della generalizzazione:
Il tono accusatorio nei confronti di "loro" (una categoria indistinta ma prevalentemente maschile, secondo il contesto implicito) rischia di creare un'immagine monolitica e unidimensionale. Ogni comportamento simile a quello descritto viene bollato come manipolatorio, senza considerare che certi atteggiamenti possono emergere anche da individui non narcisisti, ma mossi da fragilità, empatia o intenzioni costruttive.

Ad esempio, è vero che i narcisisti possono ribaltare la situazione per manipolare, ma non tutti quelli che condividono un disagio personale o criticano un errore lo fanno per svalutare l’altro. Alcuni, invece, esprimono un punto di vista per stimolare una crescita comune o per sottolineare quanto tengano alla relazione. Invece di screditare la vittima, si preoccupano di proteggerla e valorizzarla, cercando di correggere malintesi o errori senza prevaricare.

L’erosione dell’autostima e la manipolazione:
La relatrice insiste sul fatto che "loro" mirano a distruggere l’immagine che le vittime hanno di sé, un punto che può essere vero in molti casi di abuso psicologico. Tuttavia, la mancanza di sfumature nella sua analisi non lascia spazio per distinguere tra manipolazione intenzionale e dinamiche relazionali normali dove entrambi i partner possono avere momenti di vulnerabilità o incomprensione.

Ad esempio, un uomo che esprime dolore per un comportamento ricevuto potrebbe farlo con sincerità, senza voler "rubare la scena" o spostare l’attenzione su di sé. Potrebbe invece cercare di migliorare il rapporto, mostrando rispetto e stima per l’altra persona. Non è il gesto in sé a definire l’intenzione, ma il contesto e il modo in cui viene portato avanti.

La necessità di distinguere:
La critica principale al monologo risiede proprio nella sua incapacità di riconoscere queste differenze. In un contesto così polarizzante, chiunque mostri anche una vaga somiglianza ai tratti descritti rischia di essere automaticamente classificato come manipolatore. Questo approccio può indurre le vittime a tagliare fuori dalla propria vita persone che, in realtà, non sono affatto narcisiste o manipolative, ma semplicemente imperfette, umane e desiderose di costruire relazioni sane.

Conclusione:
Il monologo della criminologa, per quanto efficace nel mettere in guardia contro i narcisisti patologici, dovrebbe essere bilanciato con un invito alla riflessione. Non tutti quelli che espongono una lamentela, esprimono un’opinione o cercano attenzione lo fanno per manipolare. C’è una profonda differenza tra chi tenta di distruggere l’autostima dell’altro per dominare e chi, invece, cerca un confronto aperto per migliorare la relazione.

Un messaggio più inclusivo e sfumato aiuterebbe non solo le vittime a riconoscere i veri manipolatori, ma anche a non vedere nemici dove potrebbero esserci alleati, evitandosi ulteriori isolamenti e fraintendimenti relazionali.

Nessun commento: