Sicuramente si tratta di una delle sindromi cliniche meno spiegate, per cui occorre una grande cautela sia nel definirla che nel diagnosticarla.
La personalità si forma dal patrimonio neurobiologico ereditario e dall’adattamento di questo patrimonio personale alle esigenze socioculturali dell’ambiente: da questa integrazione dinamica si determina la ‘singolarità’ della persona nei suoi aspetti intellettivi, emotivi, volitivi, così come nel suo modo di rapportarsi agli altri.
Si parla invece di ‘personalità multipla’ quando la personalità è scissa in due, tre (ma anche molte di più) tipologie di carattere, completamente indipendenti fra loro e a volte contrastanti, che convivono nella stessa persona.
Descrizione della sindrome
Le differenze fra le diverse personalità non riguarderebbero anzitutto solamente gli aspetti intrapsichici, ma anche quelli somatici, relativamente alle malattie del corpo, ai comportamenti sessuali, attitudinali, culturali ecc.
Il passaggio da una personalità all’altra è descritto come rapidissimo, da qualche secondo a qualche minuto, oppure graduale (giorni, mesi). In alcuni casi le differenti personalità coesistenti nella stessa persona sembrano conoscersi reciprocamente e rapportarsi come amiche, compagne o avversarie.
Il passaggio da una personalità all’altra sembra favorito da uno stato di conflitto fra esse, soprattutto se stimolato dall’ipnosi, o dall’assunzione di farmaci. Il disturbo insorgerebbe nell’infanzia e tenderebbe a durare nel tempo, tendendo gradualmente a diminuire nei cambiamenti ed a stabilizzarsi su una sola personalità.
Cause della personalità multipla
Secondo la psicoanalisi la persona mantiene, durante la sua vita,una piena consapevolezza solamente su alcune parti delle sue esperienze e conoscenze, mentre altri ricordi o rappresentazioni del Sé considerati ‘inaccettabili’ a livello intrapsichico vengono mantenuti in compartimenti separati, affinché non entrino in conflitto fra loro e non causino alla persona la perdita di controllo della propria vita.
Il meccanismo che normalmente la persona utilizza per difendersi da questa conflittualità intrapsichica è la ‘rimozione’, ovvero il trasferimento nell’inconscio dei contenuti ‘indesiderabili’, come in un travaso orizzontale, dove ciò che non trova spazio in un contenitore cade in un vaso di raccolta sottostante.
Un altro meccanismo di difesa è la dissociazione, che ha anch’esso lo scopo di creare una barriera fra quello che si vuole conservare e quello che si vuole escludere dalla propria coscienza: il trasferimento avviene in questo caso in senso verticale, con lo stesso principio dei vasi comunicanti, per cui si creano più coscienze parallele.
La personalità multipla dunque potrebbe essere definita come la conseguenza di una dissociazione di una parte dei contenuti della mente, a scopo adattivo, per gestire situazioni particolarmente traumatiche e stressanti, (ad esempio un incidente, un abuso sessuale o fisico vissuto nell’infanzia, il fallimento delle relazioni familiari ecc), verso le quali il soggetto non sarebbe stato in grado di far fronte con i suoi consueti modi di affrontare la realtà, specie se avvenute nei primi anni di vita.
La creazione di personalità multiple potrebbe essere la conseguenza di una forma elaborata di rifiuto di certi contenuti psichici, per consentire la salvaguardia di un nucleo sano del Sé, riferendo tutto il vissuto negativo ad altre persone diverse da sé.
Non a caso il problema insorge in genere nell’infanzia, quando è abbastanza comune abbandonarsi a ricche produzioni fantastiche, che includono la presenza di amici o nemici immaginari.
Storia psichiatrica del disturbo della personalità multipla
Di personalità multipla si è cominciato a parlare all’inizio del 1800, quando la psicologia e la sociologia hanno cominciato ad interessarsi alla mente degli esseri umani ed al mistero del suo funzionamento, cosa che fino ad allora era stato argomento più attinente alla religione che alla scienza; da allora sono stati descritti in letteratura non più di 300 casi ‘certi e documentati’, ma ciò nonostante questa psicopatologia ha sempre avuto grande fascino, sia sugli ‘psic’ sia sugli autori di letteratura, cinema o fiction televisiva, perché argomento sicuramente ‘di confine’ fra scienza e fantascienza.
Il primo caso descritto in letteratura di ‘personalità multipla’ è del 1816: è il caso di Mary Reinolds, una donna che, senza alcun tipo di preavviso, cadeva in un sonno profondo che si protraeva per diverse ore, dal quale si risvegliava mostrando una personalità completamente diversa da quella di base, come se due persone distinte si alternassero in lei, ognuna ignara dell’altra. Altri casi furono descritti nel 1830 e nel 1845.
Nel 1901, attraverso il caso di Miss Beauchamp venne introdotto nella letteratura medica il concetto di ‘personalità multipla alternante’ (la paziente mostrava di essere in alcuni casi remissiva e moralista, in altri ambiziosa e aggressiva).
Il medico che l’aveva in cura, Morton Prince, servendosi dell’ipnosi, evidenziò anche una terza personalità sotto il nome di Sally e spiegò queste alterazioni della personalità postulando l’esistenza di un meccanismo cerebrale responsabile.
Nel 1911 fu introdotto nella medicina psichiatrica la diagnosi di ‘schizofrenia’ il cui sintomo principale era la ‘dissociazione’ dell’affettività del soggetto, dei suoi comportamenti, del suo stile di pensiero, del tutto insolito e scorretto da un punto di vista logico.
Con l’individuazione di questa nuova sindrome, per circa 80 anni non si parlò più di ‘personalità multipla’, in quanto le sue manifestazioni venivano conglobate nel concetto di ‘schizofrenia’, nelle sue diverse forme.
Essa ricomparve come categoria diagnostica negli anni ’80, nel DSM III R dell’American Psychiatric Association, , dopo una serie di pubblicazioni che avevano contribuito a risvegliare l’interesse su questa materia. Veniva elencata nei ‘disturbi dissociativi’ e descritta come ‘disturbo dissociativo di identità’ abbreviato anche come DMP : con questo atto, la psichiatria medica riconosceva ufficialmente la possibile presenza, in uno stesso individuo, di più identità o stati della personalità ben distinti, indipendenti dalla volontà del soggetto, aventi una propria modalità di percepire l’ambiente, di relazionarsi ed interagire con gli altri.
Trattamento
Il trattamento deve orientarsi verso l’integrazione graduale dei vissuti traumatici del soggetto, così che l’immagine di Sé precostituita possa lentamente assimilare il Sé traumatizzato, imparando a rievocare il proprio passato e a vivere la propria identità personale in maniera meno confusa.
Per risolvere la dissociazione, il trauma deve essere guardato apertamente, anche nei suoi eventuali risvolti di colpa o di vergogna, avendo l’accortezza di non esporre troppo precocemente il paziente a ricordi per lui intollerabili. La terapia deve essere graduale e per questo l’ipnosi si presta molto bene, per le sue caratteristiche di accendere e spegnere i ricordi con una certa facilità.
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