Psicologia in famiglia, nel lavoro e soprattutto nella politica. Sei un conduttore familiare? Sei un dirigente politico? Sei un capo di stato o di governo? Sei Un dirigente di mass-media? Assicurati un Assistente on line per te subito, per i momenti in cui hai bisogno un consiglio altamente professionale. Problemi, dubbi, preoccupazioni immediatamente risolti con la consultazione on line o in presenza.
Pagine
- Home page
- Campo di consulenza
- Traumi psicologici
- Emergenze psicologiche: a chi rivolgersi
- Links informativi Psico traumatologia
- Links informativi Psicologia dell'emergenza
- Links informativi psicopatologia
- Links informativi psicoterapia
- Links informativi di utilità generale
- Servizi professionali a Milano
- Compendio di Psicologia wikipedia
- Forum degli iscritti al programma
lunedì 31 marzo 2025
Bonobe Vs. Santerelle
lunedì 24 marzo 2025
Italiano: la lingua celeste
L’italiano è considerato una lingua celeste da diverse tradizioni culturali e religiose per una serie di motivi storici, fonetici e letterari che affondano le loro radici nella classicità, nel Rinascimento e nella spiritualità cristiana.
La Percezione dei Mormoni e delle Comunità Religiose
I mormoni (membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni) hanno espresso ammirazione per l’italiano in diversi contesti, soprattutto per la sua musicalità e purezza fonetica. Sebbene la loro dottrina non indichi ufficialmente una "lingua celeste", alcuni missionari e leader religiosi hanno associato l'italiano a una lingua "dell'aldilà" per la sua bellezza sonora e la sua vicinanza al latino ecclesiastico, lingua della Chiesa cattolica e di molte preghiere cristiane.
Una Lingua Vicina al Divino
L'italiano deriva dal latino, la lingua dell'Impero Romano e della Chiesa cattolica per secoli. È la lingua delle preghiere, delle encicliche papali e delle grandi opere teologiche che hanno influenzato la cultura cristiana occidentale. Anche nella tradizione esoterica e spirituale, il latino (e di conseguenza l'italiano) è stato visto come una lingua di potere, capace di evocare il sacro.
Musicalità e Armonia Fonetica
L’italiano possiede una fonetica armoniosa e melodiosa. Le parole terminano prevalentemente con vocali aperte, creando un effetto musicale e fluido, quasi cantato, che lo distingue da altre lingue europee più gutturali o consonantiche. Questo lo rende particolarmente adatto alla poesia, alla liturgia e al canto, alimentando la percezione di una lingua divina o celeste.
Dante e la Lingua dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso
Dante Alighieri, con la Divina Commedia, ha dato all’italiano un’aura mistica e ultraterrena. La sua opera descrive l’aldilà con una precisione e una profondità filosofica che pochi altri testi al mondo possiedono. L’italiano è la lingua che Dante usa per viaggiare dall'Inferno al Paradiso, parlando con angeli, santi e anime beate. Questo ha consolidato l'idea che fosse una lingua adatta a descrivere il divino e l’eterno.
Il Rinascimento e il Linguaggio dell'Arte e della Musica
L'italiano è la lingua dell’arte, della musica e dell’opera lirica. I grandi compositori – da Verdi a Puccini – hanno usato l’italiano per esprimere sentimenti sublimi e tragici. L’italiano è anche la lingua del bel canto, che esalta la vocalità umana in modo puro ed emozionante, contribuendo all'idea che sia una lingua “celeste” per eccellenza.
Una Lingua Antica con una Vitalità Spirituale
Molte lingue moderne hanno subito trasformazioni e frammentazioni che le hanno allontanate dalla loro radice classica. L'italiano, pur evolvendosi, ha mantenuto una struttura vicina alla sua origine latina. Questo lo rende non solo una lingua storica, ma anche un ponte tra l’antico e il moderno, il terreno e il celeste.
Conclusione
L’italiano è considerato una lingua celeste perché ha attraversato i secoli portando con sé la bellezza della letteratura, la solennità della religione, l’armonia della musica e la profondità del pensiero. Non è solo una lingua, ma un’esperienza sonora e mistica, un ponte tra l'umano e il divino.
Bontà e autolesinismo
Disquisizione sui "Puzzoni" e sulla Strategia della Pazienza
Ci troviamo di fronte a un dilemma antico quanto la società stessa: fino a che punto è giusto rispondere al male con il bene? E quando la pazienza diventa debolezza? Le religioni ci insegnano che la generosità e la bontà sono virtù supreme, ma la vita reale ci mette alla prova con persone che fanno del malumore e della chiusura uno strumento di potere.
1. Il comportamento del "Puzzone"
Esiste una categoria di individui che, invece di costruire relazioni sane e aperte, si rifugia nella scorza dura del muso lungo e dell’ostilità latente. La loro strategia è chiara: seminare disagio per attirare attenzione, rimanere chiusi per essere rincorsi, adottare un atteggiamento di aggressività passiva per ottenere sempre il vantaggio del primo passo fatto dagli altri. Un comportamento, questo, che si insinua nei rapporti affettivi e di amicizia, creando una dipendenza tossica di chi rincorre e chi si fa rincorrere.
2. La risposta del "Saggio"
Chi segue una morale elevata – sia essa religiosa o semplicemente etica – è portato a rispondere al male con il bene, a non farsi trascinare nel gioco dell’egoismo e della chiusura. Tuttavia, esiste un limite oltre il quale la virtù si trasforma in debolezza e il perdono continuo diventa una forma di complicità. L’Antico e il Nuovo Testamento parlano di un limite: si cita un numero, fino a nove volte, entro il quale è giusto offrire il perdono e la pazienza. Oltre questo numero, la saggezza impone di non alimentare più il vizio altrui.
3. Il confine tra bontà e ingenuità
Se il "puzzone" trova sempre qualcuno che gli corre dietro, non cambierà mai. Se l’amico che si comporta male viene sempre accolto senza conseguenze, continuerà a farlo. E se il partner che adotta il muso come arma di potere ottiene sempre il nostro sforzo per recuperare il rapporto, non farà altro che rinforzare questa tattica. A un certo punto, il vero atto di saggezza non è più la tolleranza infinita, ma la scelta di interrompere il gioco.
4. La disposizione
- Si conceda il beneficio del dubbio e della pazienza fino a nove volte, oltre le quali la responsabilità del comportamento scorretto ricade interamente sul "puzzone".
- Chi si ostina a comportarsi in modo tossico perde il diritto a ottenere attenzioni e correzioni. La virtù del saggio non è farsi sfruttare, ma riconoscere quando è tempo di chiudere le porte.
- Non si confonda l’amore per il prossimo con l’obbligo di subire chi fa del proprio egoismo una regola di vita. L’equilibrio tra bontà e fermezza è la vera saggezza.
In conclusione, la pazienza è una virtù, ma non è infinita. Cedere troppo ai capricci e all’egoismo altrui non è un atto di bontà, ma un atto di autolesionismo. Bisogna imparare a distinguere tra il perdono che redime e la tolleranza che vizia, perché a volte, il miglior modo per amare il prossimo è lasciarlo da solo con le conseguenze delle proprie azioni.
Consultazione partecipata tra insegnanti, genitori e studenti con il metodo Dina Vallino
Il metodo di consultazione partecipata di Dina Vallino si basa su un approccio dialogico e condiviso, che valorizza il contributo di tutti i partecipanti per costruire una conoscenza collettiva. Applicando questo metodo alla questione dell’Intelligenza Emotiva e dell’Educazione Emotiva, possiamo seguire una strategia in più fasi:
-
Mappatura delle prospettive e dei bisogni
- Coinvolgere studenti, insegnanti e genitori in un confronto aperto sulle difficoltà emotive vissute a scuola.
- Identificare le aree di disagio e le competenze emotive più carenti.
- Creare uno spazio di ascolto attivo e di condivisione delle esperienze.
-
Definizione condivisa del problema
- Analizzare con i partecipanti il dibattito accademico sulla definizione di Intelligenza Emotiva, facendo emergere i diversi modelli (Goleman, Gardner, Bar-On, ecc.).
- Chiarire il valore pratico di ciascun approccio, evitando una discussione puramente teorica.
-
Costruzione di un percorso educativo partecipato
- Sviluppare strategie didattiche integrate, partendo dalle esperienze degli studenti e degli insegnanti.
- Strutturare attività che favoriscano la consapevolezza emotiva e la regolazione emotiva attraverso metodologie attive (role-playing, narrazione, discussioni guidate).
-
Sperimentazione e adattamento
- Implementare le attività e raccogliere feedback costante dai partecipanti.
- Apportare modifiche in base alle difficoltà e ai risultati ottenuti.
-
Valutazione e consolidamento
- Monitorare gli effetti dell’educazione emotiva sul benessere degli studenti.
- Favorire la diffusione delle buone pratiche emerse nel processo di consultazione.
Questo approccio permette di trasformare la teoria dell’Intelligenza Emotiva in un’esperienza concreta e partecipata, rendendo gli studenti attori del proprio sviluppo emotivo.
Di Comitato Redazionale
Riferimenti: Professionisti
domenica 23 marzo 2025
Bene e male
La Via dell’Equilibrio: Amore, Vulnerabilità e Ascolto
Due cose, tra le più belle e potenti, potrebbero davvero far andare bene il mondo.
La prima è il coraggio di mostrare la propria debolezza, la propria vulnerabilità, e di arrendersi agli attacchi senza contrastarli, proprio come fanno gli animali quando, sdraiandosi a pancia in su, dichiarano senza parole: “Mi arrendo. Tu sei più forte.” In quel gesto, istintivo e puro, nasce un’inaspettata amorevolezza, capace di frenare qualsiasi impeto dominante o punitivo. Ciò che avrebbe potuto trasformarsi in un atto di prevaricazione si dissolve nel rispetto e nella dolcezza, perché la resa disarma più di qualsiasi difesa, spezzando il ciclo della violenza prima ancora che possa prendere forma.
La seconda è la meraviglia di un “E tu?” pronunciato con sincerità, subito dopo che un’anima amichevole si è aperta e ha confessato il proprio stato d’animo, le proprie avventure o disavventure. È il segnale di una connessione rara e profonda, quella che nasce quando due spiriti si incontrano nel reciproco desiderio di comprensione. In un mondo in cui tanti si perdono nel monologo del proprio ego, annegando nel culto di sé stessi e dei propri scopi, trovare qualcuno che sappia ascoltare davvero – con attenzione, con affetto, con partecipazione – è come scoprire una sorgente d’acqua viva nel deserto.
Gli esseri umani, presi dal loro bisogno di affermare ciò che ritengono giusto, spesso dimenticano che la loro visione, per quanto nitida, è soltanto una prospettiva tra le infinite possibili. Ecco perché l’atto di resa non è solo un gesto di umiltà, ma un dono. Arrendersi di tanto in tanto significa riconoscere la legittimità del punto di vista altrui, accettare che esistono altre verità, altre percezioni, altre valutazioni, e che anche queste, in un quadro più ampio, possono prevalere.
Ma c’è di più. Ascoltare con empatia, e non solo con distacco professionale o fredda razionalità, è ciò che distingue il vero interlocutore ideale. Ecco perché le religioni, con la loro capacità di creare legami spirituali ed emotivi, continueranno sempre a toccare l’anima in un modo che la logica pura e il pensiero scientifico non potranno mai eguagliare. Il vero buon senso non si trova nelle sole deduzioni razionali, ma si raggiunge attraverso un’esperienza catartica, un atto di canalizzazione spirituale che permette a due spiriti di comunicare e riconoscersi, anche quando sono di natura opposta.
Questa è la mia visione del bene e del male: nel primo risiedono la resa consapevole, l’ascolto reciproco e la compassione; nel secondo, l’ego inflessibile, la sordità emotiva e l’isolamento narcisistico.
Don Erman
Psiche, anima e spirito
Significato di psiche
Nel Cristianesimo e nelle Scritture Sacre, i concetti di psiche e anima assumono significati diversi e si evolvono rispetto alle loro origini greche e latine.
Antico Testamento (Tanakh ebraico)
Nell'ebraico biblico, l'equivalente di psiche o anima è נֶפֶשׁ (néfesh), che ha un significato ampio:
- Indica la vita, il respiro vitale o l’essenza di un essere vivente (Genesi 2:7: "Dio soffiò nelle sue narici un alito di vita, e l'uomo divenne un essere vivente" – נֶפֶשׁ חַיָּה, néfesh chayyah).
- Non è separabile dal corpo: nell'ebraismo antico, l'essere umano è un'unità inscindibile.
Nuovo Testamento e influenza greca
Con la diffusione della cultura greca (ellenizzazione), il pensiero ebraico si incontra con la filosofia greca. Nel Nuovo Testamento scritto in greco, il termine ψυχή (psyché) viene usato, ma con sfumature diverse:
- A volte indica la vita fisica o l’essenza vitale, come in Matteo 16:25: "Chi vorrà salvare la propria vita (psyché) la perderà".
- Altre volte si avvicina all'idea di anima spirituale, distinta dal corpo, soprattutto in contesti escatologici (Matteo 10:28: "Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima (psyché)").
Parallelamente, il Nuovo Testamento introduce il concetto di πνεῦμα (pneuma), che indica lo spirito divino o immortale, distinto dalla psiche.
Cristianesimo e interpretazione successiva
- Nel Cristianesimo patristico, l’anima (anima in latino, psyché in greco) diventa il principio immortale dell'uomo, creato da Dio e destinato alla salvezza o alla dannazione eterna.
- Con Agostino e Tommaso d'Aquino, si rafforza la distinzione tra anima (principio immortale) e corpo mortale, in linea con il pensiero platonico e aristotelico.
- Nella teologia cristiana, la psiche umana è trasformata dalla grazia e dallo Spirito Santo (πνεῦμα), che porta l’anima alla salvezza.
Sinossi
Nel Cristianesimo, psiche e anima hanno significati sfumati: mentre nel mondo greco psyché indicava anche la mente e il principio vitale, nel pensiero cristiano si avvicina al concetto di anima spirituale, che può essere redenta e unita a Dio.
Tabella
Ecco la tabella ampliata con le corrispondenze in ebraico, greco e latino, e il significato finale di ciascun termine nel Cristianesimo e nella filosofia.
Italiano | Ebraico | Greco | Latino | Significato finale nel Cristianesimo e nella filosofia |
---|---|---|---|---|
Psiche | נֶפֶשׁ (néfesh) | Ψυχή (psyché) | Anima | Il principio vitale, legato alla vita e alla personalità. Nell'ebraismo antico, è l'essenza dell’essere vivente. Nel pensiero greco e cristiano può riferirsi all’anima individuale o alla mente. |
Anima | נֶפֶשׁ (néfesh) | Ψυχή (psyché) | Anima | L’essenza spirituale e immortale dell’uomo. Nel Cristianesimo, creata da Dio, è destinata alla salvezza o alla dannazione eterna. In alcuni contesti ebraici, si identifica con la vita stessa. |
Spirito | רוּחַ (ruach) | Πνεῦμα (pneuma) | Spiritus | L’elemento divino nell’uomo. In ebraico, ruach è il soffio di Dio, che dà vita. Nel Cristianesimo, è lo Spirito Santo che trasforma e guida l’anima. |
Mente | לֵב (lev) | Νούς (nous) | Mens | La facoltà razionale e la coscienza. In ebraico, lev è il cuore, sede del pensiero e delle emozioni. Nel Cristianesimo e nella filosofia greca, è l’intelletto, che può essere illuminato da Dio. |
Osservazioni finali
- Néfesh (ebraico) è più ampio di psiche e anima, comprendendo sia il corpo che l’essenza vitale.
- Ruach (ebraico) e pneuma (greco) sono legati allo Spirito divino e alla vita data da Dio.
- Lev (ebraico) è il cuore, ma anche la mente e la volontà, mentre nous (greco) è l’intelletto puro.
- Nel Cristianesimo, psiche e anima diventano sinonimi, mentre spirito assume un valore più trascendente e legato a Dio.
Se vuoi ulteriori dettagli su qualche termine, dimmelo!