"Il respiro degli altri" – Storia vera di un OSS e una professionista in crisi di fede
di DonErman
Ci sono legami che non si scelgono. Non si firmano contratti, non ci sono promesse. Ma si diventa necessari l’uno all’altra come l’aria.
Io, operatore socio-sanitario. Lei, psicologa. Eppure, un gio unrno, fu lei ad aver bisogno di essere ascoltata, aiutata, custodita.
Roberika era brillante, carismatica, lucida. Una professionista rispettata, una donna che parlava con sicurezza nei convegni e con dolcezza nei corridoi dei centri di ascolto. Poi arrivò il buio.
Non un lutto, non un trauma evidente. Solo il lento, inesorabile dilagare di un disturbo ossessivo-compulsivo. I discorsi sui tubi del gas fatti estrarre dall'impresa edile per paura che esplodessero anche se vuoti. I discorsi sulle bottiglie di plastica piena d'acqua e la paura che esplodessero come era stato spiegato dagli agenti all'aeroporto. I discorsi della bottiglia di alcool che aveva in macchina con paura che esplodesse a contatto del calore. Una mente prigioniera di rituali infiniti. Il cuore, chiuso in una stanza con la chiave gettata via.
Io non ero un terapeuta. Non avrei potuto guarirla. Ma ero suo amico.
E a volte un amico sa fare una cosa: restare. Anche quando non c'è più spazio. Anche quando l’altro ti spinge via, perché si vergogna di essere visto fragile, perché vuole essere visto come indipendente come colei che ha fatto tutto da sola e nessuno l'ha aiutata mai, come colei che aiuta non che viene aiutata, specialmente da me che veniva considerato solo come geometra ma non come OSS e io e invece ho studiato e praticato le due materie disciplinari per lunghi anni nella mia vita, per questioni di famiglia.
La cura che non ha nome
La portavo a mangiare. Le stavo vicino senza chiedere nulla. Le raccontavo della mia anziana madre in casa e fuori durante il decennio della mia assistenza, di quanto la Fanta potesse diventare un mostro o una medicina. Le offrivo piccole sfide: portare i sacchetti fuori, come pulire la casa tutti i giorni, uscire a prendere la spesa,
Lei odiava ogni proposta, ma poi... provava. E quando riusciva, mi guardava come una bambina che ha imparato a nuotare da sola.
Non c'è stato un miracolo. Il DOC non scompare come un'influenza.
Ma un giorno Riberika mi disse:
“Sei un amico prezioso
Un carissimo amico prezioso
A un rapporto fraterno che va oltre la conoscenza
Tu per me sei molto importante ma sei solo un amico
Restiamo amici così il rapporto non finirà mai
Non devo avere l'obbligo di dedicarmi a te non potendo più :
-fare cose personali
-e desiderare di andare in luoghi anche da sola
Dal 2020 sei cambiato non é stato più tutto normale (morte di tua madre)
Sei tu la forza
Sei una persona di sollievo
Una persona leggera
Ti sei offeso
Ti ho detto che eri una forza e la tua forza stava anche nella capacità di restare leggero "
Quelle frasi sono diventate la mia medaglia invisibile.
La scelta di partire
Roberika ha deciso di trasferirsi a Cagliari per lavorare vicino al mare, in un centro universitario specializzato.
Ho immaginato un sogno che mi lasciasse un biglietto dentro una tazza sbeccata che usavamo a casa sua. Diceva solo:
“Non portarmi con te. Non restare con me. Ricordami così: mentre imparo a lasciarmi andare.”
Ci siamo salutati senza drammi, senza abbracci. Con lo sguardo fermo e un sorriso lieve, come due che hanno camminato insieme finché le strade non si sono naturalmente separate.
Cosa resta, oggi
Resta la consapevolezza che anche chi cura può cadere. E che chi si prende cura degli altri non sempre ha qualcuno che si prende cura di lui.
Resta l’orgoglio silenzioso di averci provato. Di aver portato sollievo dove serviva presenza, e non soluzioni.
Resta il messaggio: nessuno si salva da solo, ma nessuno può essere salvato contro la sua volontà.
Serve coraggio, ma anche amore. Lento, discreto, reale.
Io sono DonErman l’OSS.
E più di una volta, ho fatto respirare una psicologa che aveva dimenticato come si faceva.
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