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Massimo Recalcati
Il senso della legge e la funzione delle regole: ripensare l’educazione.
Il nostro tempo è caratterizzato dalla differenza sostanziale tra il piano delle regole e quello della legge finendo per concepire l’educazione come una mera regolazione della vita.
Non dovremmo invece ricordare questa differenza?
Una vera umanizzazione della vita non può prescindere dalla trasmissione del senso della legge.
Massimo Recalcati è un influente psicoanalista lacaniano, saggista e opinionista italiano. Direttore scientifico della Scuola IRPA e fondatore di Jonas Onlus, insegna Psicologia Dinamica a Verona e Psicoanalisi allo IULM. Collabora con “la Repubblica” e “La Stampa”, analizzando la società contemporanea attraverso la psicoanalisi in saggi di successo come “Il complesso di Telemaco” e “Le mani della madre”.
Apertura: Venerdì 16/5 ORE 16
Sintesi dell’intervento di Massimo Recalcati all’EduFest di Cinisello:
Durante la sua lectio dal titolo “Il senso della legge e la funzione delle regole: ripensare l’educazione”, Massimo Recalcati ha sottolineato la crisi educativa del nostro tempo, segnata dalla confusione tra regole (meccanismi esterni e formali) e legge (dimensione simbolica e interiore dell’autorità).
Secondo Recalcati, educare non significa solo imporre regole, ma trasmettere il senso profondo della legge, che dà significato e orientamento all’esistenza. Senza questa trasmissione, l’umanizzazione si interrompe e l’educazione si riduce a controllo.
Ha invitato quindi a ripensare l’educazione come processo fondato sul desiderio, sulla testimonianza degli adulti e sulla presenza simbolica della legge, essenziale per costruire soggetti liberi e responsabili.
Daniele Novara
Come evitare l’isolamento virtuale dei ragazzi e delle ragazze
Gli adolescenti hanno bisogno di vita reale, fatta di sguardi, incontri, contatti.
Specialmente hanno bisogno del gruppo e della compagnia per costruire un nuovo baricentro sociale non più centrato sul nido materno.
E un’età di grande espansione per conquistare la vita con coraggio.
Daniele Novara è pedagogista, counselor e formatore, fondatore del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti (CPP) di Piacenza. Autore di numerosi libri di successo, tra cui Urlare non serve a nulla, Punire non serve a nulla e, più recentemente, Mollami! (2025), dirige la rivista Conflitti e partecipa regolarmente a trasmissioni radio e tv su educazione e famiglia.
Sintesi dell’intervento di Daniele Novara all’EduFest di Cinisello:
Nel suo intervento “Come evitare l’isolamento virtuale dei ragazzi e delle ragazze”, Daniele Novara ha richiamato l’urgenza di contrastare la chiusura adolescenziale nel mondo virtuale, promuovendo il ritorno a una vita reale fatta di relazioni, sguardi e contatti concreti.
Secondo Novara, l’adolescenza è una fase in cui i giovani devono uscire dal nido materno per formare un nuovo baricentro relazionale, centrato sul gruppo dei pari. È un tempo di espansione e coraggio, non di ritiro.
Ha sottolineato l’importanza di favorire esperienze collettive, spazi di incontro autentici e attività che stimolino la crescita sociale, per permettere agli adolescenti di diventare adulti capaci di affrontare la vita con autonomia e responsabilità.
Adolescenti e famiglie nella contemporaneità digitale: un dialogo tra disequilibri ed equilibrismi
Stefania Garassini
Stefania Garassini è docente di Editoria multimediale e Digital journalism all’Università Cattolica di Milano. Giornalista e autrice, ha scritto tra gli altri Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione e Digital Kids (con altri autori).
Collabora con Domus e Avvenire, presiede la sezione milanese di Aiart (Associazione ascoltatori radio e TV), e dirige il sito educativo orientaserie.it, dedicato alle serie TV. Si occupa di new media, giornalismo digitale ed educazione ai media, promuovendo la formazione sull’uso conuertente.it/pechol@maggio tra giovani, genitori e insegnanti.
Adriano Bordignon
Adriano Bordignon è Presidente del Forum Nazionale delle Associazioni Familiari dal marzo 2023. Laureato in Scienze Giuridiche con un Master in Scienze della coppia e della famiglia, è da anni attivo nel sociale e nella pastorale familiare, che porta avanti con la moglie Margherita presso il Centro della Famiglia di Treviso.
Già Presidente del Forum del Veneto (2021), è anche direttore del Consultorio del Centro della Famiglia e presidente di Ebicom Treviso. Padre di tre figli, promuove a livello nazionale politiche familiari esigenze, reali delle ChatGPT ha detto: Sintesi dell’incontro: Adolescenti e famiglie nella contemporaneità digitale: un dialogo tra disequilibri ed equilibrismi con Stefania Garassini e Adriano Bordignon – EduFest, Cinisello
Il dialogo tra Stefania Garassini e Adriano Bordignon ha offerto uno sguardo complementare sulle sfide educative poste dal digitale all’interno delle famiglie contemporanee.
Garassini, esperta di media digitali e comunicazione, ha messo in luce come l’uso precoce e non guidato degli smartphone possa interferire con lo sviluppo relazionale e cognitivo dei ragazzi. Ha sottolineato la necessità di ritardare l’accesso agli strumenti digitali e di fornire ai genitori strumenti per educare al consumo critico dei contenuti, specie delle serie TV e dei social, grazie a progetti come orientaserie.it. Il suo messaggio: i media non vanno demonizzati, ma interpretati con competenza e dialogo.
Bordignon, dal canto suo, ha richiamato il valore della famiglia come primo presidio educativo, in un’epoca in cui le tecnologie rischiano di erodere il tempo della relazione autentica. Ha invitato a riequilibrare i ruoli tra genitori e figli, e a non cedere alla logica dell’“esaudire per non educare”. Ha sottolineato l’importanza di una comunità educativa diffusa, che coinvolga scuole, istituzioni e reti familiari, per rispondere ai bisogni reali dei ragazzi.
Insieme, i due relatori hanno offerto un quadro realistico ma propositivo: la sfida educativa digitale si vince solo attraverso l’alleanza tra adulti consapevoli e giovani accompagnati.
Cambio d’epoca, cambio editoriale, fame dei cuori giovani
Nonostante i giovani di oggi leggano e scrivano più che mai, il mondo editoriale fatica a comprenderli e coinvolgerli davvero. Questo intervento riflette sulla necessità di un cambiamento nel panorama editoriale, mettendo al centro le nuove generazioni. Solleva interrogativi sul ruolo di adulti, editori ed educatori e critica la proposta di modelli culturali ormai lontani dai giovani, evidenziando due errori chiave nella trasmissione culturale attuale.
Davide Rondoni (Forlì, 1964) è poeta, scrittore e giornalista tra le voci più significative della poesia italiana contemporanea. La sua opera, segnata da una forte tensione spirituale e un linguaggio vivo, comprende raccolte poetiche, romanzi, saggi e testi teatrali. Collabora con testate come Il Sole 24 Ore, dirige il Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna e la rivista clanDestino. Ha ricevuto premi come il Viareggio Poesia e il Camaiore. Le sue opere sono tradotte in più lingue.
Sintesi dell’intervento di Davide Rondoni – Cambio d’epoca, cambio editoriale, fame dei cuori giovani EduFest, Cinisello – Sabato 17
Nel suo intervento poetico e provocatorio, Davide Rondoni ha messo a fuoco la frattura tra il mondo editoriale tradizionale e i cuori giovani, affamati di autenticità e profondità. Nonostante i ragazzi di oggi leggano e scrivano moltissimo, gli adulti – editori, educatori, autori – spesso non riescono a parlare il loro linguaggio e propongono modelli culturali ormai distanti dalla loro esperienza.
Rondoni ha individuato due errori fondamentali nella trasmissione culturale contemporanea: il primo è l’offerta di contenuti scollegati dalla vita vissuta, il secondo è l’assenza di un dialogo reale con il mondo giovanile.
Ha invocato un cambio editoriale che riconosca la sete spirituale e poetica delle nuove generazioni, puntando su narrazioni che non censurino il dolore, l’amore, l’inquietudine, ma li trasformino in crescita. L’adolescenza – ha detto – non va ammaestrata, ma ascoltata e nutrita di parole vere.
Equilibri in digitale Sabato 17O RE 10:00
Claudio Burgio
Non esistono ragazzi cattivi
In un mondo sempre più digitale, l’adolescenza affronta nuove fragilità e disorientamenti. Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria e maggio 2025 alle ore me disagio Enti anca0online nascosto dietro certi comportamenti ottolinea l’importanza di uno sguardo le sfide relazionali e
Sintesi dell’intervento di Don Claudio Burgio – Non esistono ragazzi cattivi EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 10:00
Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, ha offerto una potente testimonianza su adolescenza, devianza e redenzione. Al centro del suo messaggio, l’idea che nessun ragazzo è cattivo in sé, ma spesso esprime un disagio profondo che non ha trovato ascolto.
In un mondo digitale che amplifica fragilità e solitudini, Don Burgio invita educatori, genitori e istituzioni a guardare oltre i comportamenti devianti, per cogliere il bisogno di affetto, riconoscimento e senso.
Ha raccontato storie reali di giovani segnati da violenza, abbandono o povertà emotiva, sottolineando come la relazione, la fiducia e la speranza siano gli unici veri strumenti rieducativi. L’adolescenza non è un problema da risolvere, ma una sfida da accogliere con misericordia e coraggio.
Don Claudio Burgio è sacerdote, educatore e cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano. Fondatore della comunità Kayrós, accoglie a accompagna giovani in difficoltà offrendo percorsi di recupero. Autore di diversi libri, è una voce autorevole sul tema della giustizia minorile e dell’educazione come via al cambiamento.
Sintesi dell’intervento di Don Claudio Burgio – Non esistono ragazzi cattivi EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 10:00
Nel suo intervento, Don Claudio Burgio ha ribadito con forza il principio che non esistono ragazzi cattivi, ma solo giovani che manifestano un disagio profondo spesso inespresso, aggravato dalle dinamiche del mondo digitale. Cappellano del carcere minorile Beccaria e fondatore della comunità Kayrós, Don Claudio ha portato la sua esperienza diretta con adolescenti in difficoltà, mettendo in luce come dietro ai comportamenti provocatori o devianti si celi un grido d’aiuto, una ricerca d’identità, di affetto o semplicemente di attenzione.
Ha evidenziato i nuovi rischi connessi alla vita online: dall’isolamento alla pressione sociale legata alla visibilità, dalle crisi identitarie alla perdita di contatto con la realtà. La vera risposta, secondo lui, non può che essere educativa e relazionale, basata su ascolto, fiducia e presenza autentica, anche nei contesti virtuali.
Il suo appello è per un’alleanza educativa più ampia, che coinvolga famiglia, scuola, istituzioni e comunità, capace di ricostruire un tessuto affettivo intorno agli adolescenti. Solo così si può restituire speranza e possibilità di rinascita a chi ha sbagliato.
La sfida dei nuovi adolescenti
L’adolescente è una figura del mare, del distacco e della scoperta.
Se un tempo i giovani si confrontavano con un mondo solido e disciplinare, oggi devono orientarsi in una società orizzontale, prestazionale e competitiva, dominata da modelli di successo, opportunismo e consumismo.
Stefano Rossi, tra i maggiori esperti di adolescenza in Italia, offrirà in questo intervento strumenti per capire, educare e pensare insieme ai nuovi adolescenti.
Stefano Rossi è psicopedagogista, formatore e autore, esperto di didattica cooperativa ed educazione emotiva per bambini e adolescenti. Dirige il Centro per la Didattica Cooperativa e lo Studio Pedagos, con cui sviluppa progetti contro dispersione scolastica bullismo. e
E autore di libri per genitori, insegnanti e ragazzi, tra cui Lezioni d’amore per un figlio e Mio figlio è un casino, curatore scientifico di testi scolastici e conferenziere attivo sui temi dell’adolescenza e della genitorialità.
Sintesi dell’intervento di Stefano Rossi – La sfida dei nuovi adolescenti EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 15:00
Nel suo contributo, Stefano Rossi ha tracciato un ritratto profondo e poetico dell’adolescente contemporaneo, definendolo “figura del mare”, simbolo di distacco, inquietudine e scoperta. A differenza delle generazioni passate, che si confrontavano con un mondo strutturato e verticale, i giovani di oggi crescono in una società liquida, orizzontale, dominata dalla prestazione, dalla competizione e da ideali di successo consumistico.
Rossi ha denunciato come questo contesto metta gli adolescenti sotto una pressione costante, generando smarrimento, isolamento e talvolta fragilità psicologica. Ha quindi proposto un cambio di sguardo: non adulti giudici, ma accompagnatori affettuosi, capaci di ascoltare senza etichettare, e di accogliere senza scorciatoie moralistiche.
Nel suo intervento ha offerto strumenti concreti per educatori, insegnanti e genitori, attingendo alla sua esperienza nella didattica cooperativa e nell’educazione emotiva. L’obiettivo non è formare ragazzi perfetti, ma giovani consapevoli di sé, resilienti e capaci di relazioni autentiche, anche attraverso errori, conflitti e rinascite.
Federica Benassi
I bravi genitori fanno figli perfetti. Gli altri, capaci di conquistarsi la felicità
Essere genitori oggi non significa fare tutto, dire sempre si o nascondere le emozioni. In un’epoca segnata dalla corsa alla perfezione, la vera sfida è trovare equilibrio: tra affetto e confini, presenza e chiarezza. Non servono genitori perfetti, ma consapevoli, capaci di crescere figli liberi e felici.
Federica Benassi è imprenditrice e counselor con trent’anni di esperienza accanto a famiglie e scuole. Gestisce un asilo nido a Bologna e ha fondato i primi centri estivi per ragazzi in Romagna.
Esperta di comunicazione familiare, tiene corsi per genitori e insegnanti, ed è autrice di libri come Genitori e adolescenti", “Abbasso i compiti” . “L’educazione dei maschi”. Molto attiva sui social e nei media, propone strumenti pratici per migliorare le relazioni familiari.
Federica Benassi – I bravi genitori fanno figli perfetti. Gli altri, capaci di conquistarsi la felicità EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 15:00
Con il suo tono diretto e coinvolgente, Federica Benassi ha sfidato il mito del genitore perfetto, mettendo in luce un paradosso educativo moderno: nella corsa alla perfezione, si rischia di soffocare l’autenticità e la libertà dei figli. Il suo messaggio è chiaro: non serve essere genitori impeccabili, ma essere presenti, coerenti e capaci di imperfezione.
Benassi ha sottolineato l’importanza di un’educazione fondata su limiti chiari, affetto stabile e libertà guidata. Ha invitato i genitori a non proteggere eccessivamente, ma a lasciare spazio all’errore e alla frustrazione, elementi fondamentali per crescere in autonomia e consapevolezza.
Condividendo esperienze concrete dalla sua attività con famiglie, scuole e centri educativi, ha proposto strumenti pratici di comunicazione familiare per superare conflitti e incomprensioni. L’educazione – ha ricordato – è un processo reciproco: crescono i figli, ma crescono anche i genitori.
Un intervento ricco di spunti per educatori, insegnanti e mamme e papà che vogliono liberarsi dal peso della prestazione per tornare al cuore dell’educare: una relazione viva, onesta e imperfettamente felice.
Iside Castagnola
Storie di crisi e rinascita
Iside Castagnola condividerà storie di conflitti familiari, bullismo e fragilità emotive, restituendo voce e dignità agli adolescenti. L’obiettivo non è spiegare l’adolescenza, ma ascoltarla e accompagnarla, riconoscendo in ogni crisi un possibile nuovo inizio.
Iside Castagnola è avvocato e membro del Corecom Lazio, impegnata da anni nella tutela dei diritti dei minori e nell’educazione civica. Collabora con scuole, famiglie e istituzioni per promuovere il benessere degli adolescenti attraverso l’ascolto, la prevenzione del disagio e il rafforzamento delle relazioni.
Nel 2024 ha ricevuto il premio “Roma Rose Non solo 8 marzo” per l’impatto sociale del suo lavoro. Affianca alla sua attività istituzionale un forte impegno culturale e formativo, con l’obiettivo di costruire una comunità digitale più consapevole.
Sintesi dell’intervento di Iside Castagnola – Storie di crisi e rinascita EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 15:00
Iside Castagnola ha portato sul palco dell’EduFest un intervento di forte impatto umano, dando voce a storie vere di adolescenti alle prese con crisi familiari, bullismo, solitudine e fragilità emotive. Il cuore del suo messaggio: ogni ferita può diventare uno spazio di rinascita, se accompagnata da ascolto e rispetto.
Non una lezione sull’adolescenza, ma un invito ad ascoltarla davvero, senza etichette, diagnosi affrettate o soluzioni preconfezionate. Castagnola ha mostrato come dietro i silenzi, le ribellioni e le cadute ci siano spesso richieste d’aiuto inascoltate, e quanto sia cruciale la presenza autentica di adulti affidabili: genitori, educatori, operatori.
Con uno sguardo insieme giuridico e profondamente umano, ha messo in luce la necessità di una rete educativa che tuteli e potenzi i diritti dei ragazzi, anche nei contesti digitali, dove spesso si consuma il disagio più invisibile.
Il suo intervento ha toccato corde profonde, ricordando a tutti che non esistono adolescenti “sbagliati”, ma solo storie che aspettano di essere ascoltate, comprese e accompagnate verso una rinascita possibile.
Maria Sole Piccioli
Cosa pensano e come vivono la violenza tra pari gli adolescenti
ActionAid da oltre 5 anni indaga stereotipi e percezioni di genere tra gli adolescenti, con ricerche in collaborazione con Ipsos, Università di Milano e Sylla. Con il programma europeo Youth For Love, lavora in molte scuole per prevenire comportamenti abusanti e promuovere benessere e spazi sicuri.
Nel suo intervento, Piccioli presenterà in anteprima i nuovi dati raccolti su 14.000 giovani: come percepiscono la violenza, quali pregiudizi li influenzano e cosa significa oggi costruire relazioni sane.
Maria Sole Piccioli è una esperta di processi educativi e di campagne youth led. Si occupa di progettare programmi part partecipativi con giovani nelle scuole e in comunità educative marginali.
Sintesi dell’intervento di Maria Sole Piccioli – Cosa pensano e come vivono la violenza tra pari gli adolescenti EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 17:00
Con un intervento tanto lucido quanto necessario, Maria Sole Piccioli ha condiviso in anteprima i risultati di una ricerca condotta su 14.000 adolescenti italiani, offrendo uno spaccato prezioso su come i ragazzi percepiscono la violenza tra pari, fisica, verbale e psicologica, in particolare quella legata agli stereotipi di genere.
Attraverso i dati raccolti da ActionAid, in collaborazione con Ipsos, l’Università di Milano e Sylla, emergono dinamiche spesso invisibili agli occhi degli adulti: normalizzazione della gelosia, confusione tra controllo e affetto, silenzi nei confronti degli abusi subiti o assistiti, soprattutto online.
La Piccioli ha raccontato l’impatto del progetto europeo Youth For Love, che agisce nelle scuole e nei contesti educativi più fragili per promuovere relazioni sane, libere dalla violenza e dai pregiudizi, dando voce ai giovani attraverso metodologie partecipative.
L’intervento ha rilanciato un messaggio forte: educare al rispetto e al consenso non è un lusso, ma un’urgenza. E i ragazzi, se coinvolti con fiducia e strumenti adeguati, sanno costruire relazioni migliori di quelle che noi adulti spesso abbiamo saputo offrirgli.
Giovanni Allevi
Verso una nuova rinascita
Giovanni Allevi è compositore, filosofo, scrittore e pianista di fama internazionale. Con la sua musica classica contemporanea ha conquistato platee di ogni età, unendo talento e personalità fuori dal comune.
Dopo aver affrontato una grave malattia, torna a incontrare il pubblico con il suo ultimo libro I Nove doni (Solferino), per celebrare la vita con la forza della musica e della parola.
Giovanni Allevi è compositore, pianista, direttore d’orchestra e filosofo, celebre per il suo rinnovamento della musica colta. Diplomato con lode in Pianoforte, Composizione e Filosofia, si è esibito nei teatri più prestigiosi del mondo, da Carnegie Hall alla Scala.
Cavaliere della Repubblica e Ambassador di Save the Children, ha ricevuto premi da personalità come i Papi e Gorbaciov. La NASA gli ha dedicato un asteroide e il suo brano Our future è stato eseguito alla COP26. Dopo una malattia, è tornato con il singolo Tomorrow e il libro I NOVE DONI.
Equilibri interni
Sul palco porterò una storia autentica di cadute e an di un equilibrio perfetto, lite forza,
Sintesi dell’intervento di Giovanni Allevi
Verso una nuova rinascita EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 17:00
In un’atmosfera sospesa tra commozione e speranza, Giovanni Allevi ha incantato il pubblico con un racconto intimo e profondo: il suo ritorno alla vita e alla musica dopo la malattia. Non solo un concerto, ma una riflessione sull’essenza stessa dell’esistere, attraverso le pagine del suo libro I Nove doni e la forza del suono.
Con la sua umanità luminosa e vulnerabile, ha narrato la trasformazione del dolore in consapevolezza, l’importanza dell’ascolto interiore e della gratitudine, anche nei momenti più bui. Ha parlato di resilienza, ma senza retorica: con la lucidità di chi ha attraversato il limite e ne è tornato con una visione nuova, quasi mistica, del tempo, della fragilità e dell’amore.
La sua musica, presente sul palco in brevi passaggi al pianoforte, è sembrata una preghiera laica, un invito a rallentare e a ritrovare il senso profondo del vivere, specialmente per le nuove generazioni schiacciate da modelli iper-performativi.
“Il vero equilibrio non è assenza di dolore, ma il dono di poterne parlare con voce autentica”, ha detto. Il pubblico ha ascoltato in silenzio. Poi si è alzato in piedi.
Silvia Calcavecchia
Nel disequilibrio ho trovato l’equilibrio
Sul palco porterò una storia autentica di cadute e rinascite, alla ricerca non di un equilibrio perfetto. ma del proprio. Un viaggio tra fragilità e forza, limiti e possibilità, per scoprire che spesso è proprio nel disequilibrio che si nasconde la nostra vera strada.
Silvia Calcavecchia è speaker, divulgatrice e content creator. Laureata in Lettere e specializzata in giornalismo, dal 2017 si dedica alla comunicazione inclusiva, portando la sua voce su palchi come il TEDx con il talk “Vivo, quindi, posso!”.
Attiva nelle scuole, aziende ed eventi, promuove pari opportunità e accoglienza della diversità, partendo dalla sua esperienza personale con la disabilità. Attraverso i social sensibilizza, sfata pregiudizi condivide percorsi di crescita personale,
Il suo impegno è stato premiato con con riconoscimenti come Eccellenza Italiana e il Premio Anmic Parma 2024.
Silvia Calcavecchia – Nel disequilibrio ho trovato l’equilibrio EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 17:30
Con un tono autentico, ironico e profondo, Silvia Calcavecchia ha portato sul palco una riflessione potente e commovente: l’equilibrio non è un punto fisso, ma un movimento continuo tra accettazione e scoperta.
Attraverso il racconto della sua esperienza personale con la disabilità, ha sfidato i modelli idealizzati di forza e normalità, trasformando i propri limiti in strumenti di dialogo e crescita. Non c’è stato spazio per la retorica: solo verità, consapevolezza e tanta energia.
Ha parlato di cadute, fisiche e simboliche, e di come ciascuna di esse sia stata una leva per rialzarsi in modo diverso, più consapevole, più umano. Con la sua voce limpida, ha invitato genitori, insegnanti e ragazzi a non cercare la perfezione, ma a vivere pienamente la propria imperfezione.
Silvia ha ricordato che l’inclusione non è un favore ma un diritto, e che le parole – se usate con cura – possono abbattere muri. Il pubblico l’ha accolta con un lungo applauso, toccato e ispirato dal suo esempio.
Beatrice Colli
Fluido, corre, corre, cresce e sfuma. L’equilibrio ci connette
L’equilibrio è un orizzonte in movimento.
Lo cerco ogni giorno, tra allenamenti, cadute e risalite. Non ci sono regole: è una continua danza tra caos e calma, controllo imprevedibilità. e
Ogni caduta mi rende più forte, più consapevole. L’equilibrio si trova nel fluire, nell’oscillare, nel costruirsi passo dopo passo. Perché la vera chiave non è fissa: cambia, si adatta, come la vita stessa.
Beatrice Colli, 20 anni, è atleta professionista di arrampicata speed. Campionessa nazionale per tre anni consecutivi, ha vinto due ori ai Mondiali giovanili (2021 e 2022) ed è detentrice del record italiano. Dopo aver coronato il sogno olimpico a Parigi, continua a inseguire nuovi traguardi con determinazione e passione.
Laura De Dilectis
Con leggerezza, bimba
"È buio perché ti stai sforzando troppo. Con leggerezza, bimba, con leggerezza. Impara a fare ogni cosa con leggerezza. Si, usa la leggerezza nel sentire, Con leggerezza lascia chele cose accadaho, a con leggerezza affrontale.
Equilibrio
Sintesi dell’intervento di Beatrice Colli – Fluido, corre, corre, cresce e sfuma. L’equilibrio ci connette EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 18:00
Beatrice Colli, 20 anni, atleta olimpica di arrampicata speed, ha portato al pubblico una riflessione giovane, autentica e ispirante sull’equilibrio come esperienza dinamica. Non una vetta da raggiungere una volta per tutte, ma un’onda da cavalcare ogni giorno.
Attraverso la metafora dello sport, Beatrice ha raccontato come l’equilibrio nasca proprio nel momento della spinta, del rischio e della caduta. Ha spiegato che in arrampicata non esiste una formula perfetta: ogni presa, ogni secondo, richiede ascolto e adattamento.
Con la forza gentile di chi ha conosciuto la pressione delle gare internazionali e la bellezza del sogno olimpico, ha invitato i presenti a lasciare andare il controllo assoluto per scoprire la potenza del fluire.
“Il corpo sa prima della mente”, ha detto. “L’equilibrio non è una conquista, ma un continuo ritrovarsi, nel caos come nella calma”.
La sua testimonianza ha colpito per l’equilibrio tra leggerezza e determinazione, rendendo chiaro che la resilienza è una danza, non una corazza.
Laura De Dilectis
Con leggerezza, bimba
"È buio perché ti stai sforzando troppo. Con leggerezza, bimba, con leggerezza. Impara a fare ogni cosa con leggerezza. Si, usa la leggerezza nel sentire, anche quando il sentire è profondo. Con leggerezza lascia che le cose accadano, e con leggerezza affrontale. Dunque getta via il tuo bagaglio e procedi. Sei circondata ovunque da sabbie mobili, che ti risucchiano i piedi, che cercano di risucchiarti nella paura, nell’autocommiserazione e nella disperazione. Ecco perché devi camminare con tale leggerezza.
Con leggerezza, tesoro mio." Aldous Hudey
Laura De Dilectis è un’ imprenditrice e una psicologa clinica. Il suo lavoro è incentrato sull’empowerment e sulla salute mentale. Parla quattro lingue e ha vissuto in tre Paesi europei; è una TEDx speaker. E stata premiata come: Young Global Changer 2025; 35 UNDER 35 Italy Segreta 2024; Unstoppable Women 2024; Ragazz dell’anno D Republica 2023 e molti altri.
Laura De Dilectis – Con leggerezza, bimba EduFest, Cinisello – Sabato 17, ore 18:30
Con parole tratte da Aldous Huxley, Laura De Dilectis ha aperto il suo intervento con un invito profondo e controcorrente: “Con leggerezza, tesoro mio.”
In un mondo che spesso premia il controllo, la velocità e il peso delle aspettative, Laura ha raccontato quanto sia potente fare spazio alla leggerezza, anche nelle esperienze più complesse. Non superficialità, ma leggerezza come atto rivoluzionario di fiducia, coraggio e presenza.
Psicologa clinica e imprenditrice, Laura ha parlato dell’equilibrio tra vulnerabilità e forza, tra ambizione e cura, condividendo strumenti pratici per liberarsi dal peso emotivo e affrontare la vita con grazia e radicamento.
Ha ricordato che molte persone, soprattutto giovani donne, vivono come se dovessero sempre “dimostrare qualcosa”, e che il primo passo per trasformare la propria vita è lasciare andare: giudizi, paure, pretese di perfezione.
“Empowerment non significa stringere i denti, ma imparare a danzare nella tempesta”, ha detto.
Il pubblico ha accolto con commozione il suo messaggio, che è risuonato come una carezza forte, capace di toccare chiunque si trovi oggi a camminare tra sabbie mobili interiori.
Don Alberto Ravagnani
Teatrinho
Giovani equilibristi: tra social e ricerca di senso
In un mondo in cui l’identità si costruisce tra like e storie, gli adolescenti camminano ogni giorno su un filo sottile in cerca di riconoscimento, autenticità e senso.
Don Alberto Ravagnani, voce ascoltata da migliaia di giovani online, riflette sul ruolo dell’educatore come presenza viva credibile nei luoghi dove i ragazzi abitano reali e virtuali. e
Attraverso la sua esperienza tra oratorio, scuola e piattaforme digitali, propone una visione educativa che vuole ispirare ragazzi e ragazze a trovare equilibrio tra visibilità e interiorità, appartenenza e libertà, fede e quotidianità.
Perché anche nello scroll infinito, c’è spazio per una parola che orienta e una relazione che salva.
Don Alberto Ravagnani – Giovani equilibristi: tra social e ricerca di senso Teatrinho – Sabato 17, ore 19:30
Sul palco del Teatrinho, Don Alberto Ravagnani ha portato una riflessione potente e concreta su uno dei temi più urgenti dell’educazione contemporanea: come camminano oggi gli adolescenti nel mondo digitale e reale?
Li ha chiamati “equilibristi”, costretti ogni giorno a trovare un centro tra visibilità e autenticità, riconoscimento e isolamento, like e verità interiore.
Con il suo stile diretto, empatico e ironico, Don Alberto – noto per la sua presenza sui social e nelle scuole – ha raccontato il ruolo dell’educatore come presenza viva, autorevole ma non autoritaria, capace di abitare gli stessi spazi dei ragazzi, anche quelli virtuali, senza snaturarsi.
«I social non sono il problema», ha detto, «ma il luogo in cui oggi si gioca anche la fede, l’identità, la relazione».
Ha parlato della sete di senso che molti giovani nascondono dietro schermi e stories, e di quanto sia urgente offrire parole buone, relazioni vere e comunità accoglienti che aiutino a non cadere nel vuoto.
Il suo invito finale è stato semplice ma potente: “Restiamo connessi, ma per davvero”.
Giacomo Poretti
Equilibrio sdrucciolevole
L’intervento di Giacomo Poretti, attore, comico, sceneggiatore e regista italiano, celebre componente del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, Ci porterà con tono ironico e riflessivo attraverso gli equilibri sdrucciolevoli dell’educazione
Giacomo Poretti – Equilibrio sdrucciolevole Edufest Sera – Sabato 17, ore 21:00
Con il suo inconfondibile stile ironico e malinconico, Giacomo Poretti ha chiuso la giornata di Edufest con un intervento che ha fatto ridere, riflettere e commuovere.
Partendo dalla sua esperienza personale di padre, educatore “improvvisato” e osservatore attento della società, ha esplorato l’idea di “equilibrio sdrucciolevole”: quella condizione precaria e continua in cui si muovono genitori, insegnanti e figli, tra buone intenzioni e capitomboli esistenziali.
Con battute fulminanti e momenti più intimi, ha dipinto un’educazione fatta non di certezze granitiche, ma di tentativi goffi, sinceri e umani, dove ciò che conta non è la perfezione, ma la presenza.
«I figli non ascoltano quello che diciamo, ma vedono come ci comportiamo mentre ci inciampiamo nella vita», ha detto con disarmante lucidità.
Ha toccato il tema del tempo condiviso, della fragilità degli adulti, dell’importanza di saper chiedere scusa, e ha concluso ricordando che «educare è come portare a spasso un gelato al sole: qualcosa si perde sempre, ma ciò che resta può essere dolcissimo».
Un intervento che ha lasciato il pubblico con il sorriso sulle labbra e una carezza sul cuore.
Inclusione a scuola o convivenza?
Riflessione su scuola e disabilità
Sentiamo sempre parlare di Inclusione, ma che cos’è davvero? Sarebbe più giusto parlare di convivenza, forse? Le persone disabili/con disabilità sono davvero previste?
Riflettiamo insieme sulla situazione attuale e sul significato di alcune parole.
Red Fryk Hey è ballerina, insegnante e coreografa, vincitrice di competizioni nazionali e internazionali. Persona autistica e divulgatrice, racconta la sua esperienza attraverso la danza e lo spettacolo.
E apparsa su Donna Moderna, Fanpage, Freeda e altri media, e partecipa a incontri nelle scuole per sensibilizzare sull’autismo e combattere gli stereotipi. Collabora con associazioni in tutta Italia e nel 2023 ha pubblicato il fumetto Red. I colori dell’autismo".
Red Fryk Hey – Inclusione a scuola o convivenza? Riflessione su scuola e disabilità – Domenica 18, ore 10:00
Con il suo stile diretto, profondo e mai scontato, Red Fryk Hey ha aperto la giornata di domenica con una riflessione necessaria e provocatoria: la scuola italiana è davvero inclusiva o si limita a una convivenza formale con la disabilità?
Partendo dalla propria esperienza come persona autistica, artista e divulgatrice, Red ha smontato con coraggio le retoriche più comuni sull’inclusione scolastica, chiedendosi e chiedendoci: «Inclusione è essere presenti nello stesso spazio… o è essere realmente previsti, accolti, capiti, rispettati nei nostri modi di esistere?»
Ha condiviso episodi di esclusione “gentile” vissuti in prima persona e osservati in tante scuole, dove le parole “inclusione” e “diversità” diventano spesso etichette politicamente corrette ma svuotate di significato reale.
Attraverso il linguaggio della danza, ha mostrato come il corpo e il movimento possano raccontare ciò che le parole non riescono a dire. La danza come comunicazione alternativa, come strumento educativo, come spazio in cui le differenze non vengono spiegate ma vissute.
«Includere non è aggiungere qualcuno a un sistema già fatto. È cambiare il sistema.» Un intervento che ha lasciato un segno profondo, aprendo il cuore e la mente a un nuovo modo di pensare la scuola.
Giovanna Giacomini
Rallentare è un atto rivoluzionario
Un invito coraggioso a rallentare per mettere al centro il benessere di studenti e docenti. Valorizzare il tempo di crescita, il gioco e la relazione significa favorire apprendimento autentico, creatività e salute mentale. Rallentare, oggi, è un atto rivoluzionario per una scuola davvero felice.
Giovanna Giacomini è pedagogista, formatrice e divulgatrice. Dopo un Master in Pedagogia, ha fondato GD EDUCA, dove ha sviluppato il modello delle Scuole Felici, ispirato al sistema danese e centrato su benessere, empatia e libertà espressiva nei servizi educativi 0-6.
Nel 2019 ha lanciato la piattaforma Edu-WOW, con contenuti formativi per famiglie ed educatori. E autrice del libro Scuole Felici (Erickson, 2023), del podcast Il Giovedì delle Pare e interviene regolarmente in media, eventi e convegni come il TEDx Padova.
Giovanna Giacomini – Rallentare è un atto rivoluzionario La scuola cambia – Domenica 18, ore 11:00
Con passione e visione, Giovanna Giacomini ha portato al centro della scena un tema tanto semplice quanto urgente: il diritto di rallentare. In un sistema scolastico spesso dominato da performance, produttività e velocità, ha lanciato una provocazione: «Perché misuriamo il valore dell’apprendimento solo in termini di rendimento? E se il vero apprendimento avvenisse nei tempi lenti della relazione e del gioco?»
Pedagogista e fondatrice del progetto Scuole Felici, ha condiviso esperienze concrete tratte dal suo modello educativo ispirato alla pedagogia danese e centrato su empatia, benessere e libertà espressiva nei servizi 0-6. Ha sottolineato come un approccio che mette al centro la persona – prima ancora dell’alunno – non sia solo possibile, ma necessario per contrastare il disagio crescente tra studenti e insegnanti.
«Rallentare è scegliere. È dare spazio all’incontro, alla meraviglia, al pensiero critico. È smettere di rincorrere e iniziare a costruire.»
Attraverso la sua esperienza con Edu-WOW e i contenuti divulgati nei podcast e nel libro Scuole Felici, ha fornito spunti e strumenti per una scuola più umana e sostenibile.
Un intervento che ha acceso una speranza concreta: quella di una scuola che educa alla vita, e non solo al voto.
Giovanna Giacomini
Sapere, saper fare o saper essere? la scuola di fronte alle sfide educative del terzo millennio
La scuola di oggi deve andare oltre il sapere e il saper fare: serve una scuola che insegni il saper essere. In un contesto segnato da cambiamenti rapidi e sfide educative, la digitalizzazione non ha mantenuto tutte le promesse, mentre crescono approcci smartphone-free e modelli basati sulle Life Skills. Nel suo talk, Alberto Pellai rifletterà su come la scuola possa diventare un vero presidio educativo, capace di rispondere all’emergenza che vivono bambini e adolescenti.
Alberto Pellai è medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore all’Università degli Studi di Milano. Esperto di prevenzione e promozione della salute nei minori, ha ricevuto la Medaglia d’argento al merito in Sanità Pubblica. Autore di diversi bestseller, le sue opere sono tradotte in oltre 15 lingue e segue una vasta community online con contenuti educativi per genitori e insegnanti.
Alberto Pellai – Sapere, saper fare o saper essere? La scuola cambia – Domenica 18, ore 10:00
Cosa serve davvero alla scuola del terzo millennio? Alberto Pellai parte da questa domanda urgente per ribaltare una visione educativa ancora troppo centrata su nozioni e prestazioni. Il suo invito è chiaro: insegnare il “saper essere”. Coltivare competenze relazionali, emotive, identitarie. Accompagnare i ragazzi nel diventare persone prima che studenti.
In un’epoca iperconnessa, in cui la digitalizzazione ha spesso illuso ma non sempre sostenuto la crescita autentica dei più giovani, Pellai porta l’attenzione sulla necessità di presìdi educativi reali, come la scuola, capaci di affrontare disagi crescenti e costruire contesti sani.
Nel suo talk, il medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva ha parlato di Life Skills, educazione affettiva, benessere mentale. Ha raccontato di scuole “smartphone-free” e di ambienti che valorizzano il tempo lungo, la relazione significativa, la cura del gruppo.
«Non basta imparare a fare. I nostri figli devono imparare a diventare.» Una riflessione potente, arricchita dalla sua lunga esperienza clinica, dalla ricerca e da una narrazione empatica che tocca le corde più profonde di educatori e genitori.
Pellai ci ha ricordato che la scuola può ancora salvare, se ha il coraggio di scegliere la persona al centro.
Anna Granata
Un terzo spazio per crescere e diventare
Scuola e famiglia da sole non bastano: servono spazi terzi dove bambini e adolescenti possano coltivare autonomia e immaginazione. È dai loro squilibri che possono nascere nuovi equilibri, capaci di dare forma a una società più aperta, dinamica e inclusiva.
Anna Granata è pedagogista e professoressa associata all’Università di Milano-Bicocca. Esperta di infanzia, educazione interculturale e dinamiche familiari, ha lavorato anche all’Università di Torino.
Autrice di saggi come Da piccolo ero un genio e Teen Immigration, la sua ricerca valorizza la mixité come risorsa educativa, contribuendo attivamente al dibattito pedagogico contemporaneo.
Anna Granata – Un terzo spazio per crescere e diventare La scuola e la strada – Domenica 18, ore 15:00
Scuola e famiglia non bastano più. Per crescere davvero, i bambini e gli adolescenti hanno bisogno di un terzo spazio: un luogo altro, libero, fertile, dove poter sperimentare se stessi lontano dagli sguardi normativi degli adulti.
Anna Granata, pedagogista e professoressa associata all’Università di Milano-Bicocca, ci guida in una riflessione acuta e necessaria: lo sviluppo dell’autonomia, dell’immaginazione e della capacità di orientarsi nel mondo non può avvenire solo nei luoghi istituzionali. Serve uno spazio “di mezzo”, dove sbagliare non è una colpa ma un’occasione di crescita.
Granata pone l’accento sul valore degli squilibri adolescenziali: sono proprio questi disallineamenti a generare i semi di una società più inclusiva, dinamica e coraggiosa. Nel suo intervento ha richiamato esperienze di educazione interculturale, contesti di “strada” e forme innovative di partecipazione giovanile.
«Lasciamo che i ragazzi esplorino territori aperti. È lì che nasce il pensiero libero, creativo, trasformativo.»
Autrice di saggi fondamentali come Da piccolo ero un genio e Teen Immigration, Anna Granata è una delle voci più autorevoli nel dibattito pedagogico attuale, e ci invita a rivedere il ruolo della scuola come nodo, non come recinto.
Eugenia Carfora
Ragazzi tra scuola e strada Educare nel mondo reale
La conferenza esplora il rapporto tra educazione formale e saperi informali appresi nella vita quotidiana, tra scuola e “strada”. I giovani vivono tra due mondi educativi spesso in contrasto: come può la scuola riconoscere questi saperi e costruire un dialogo che renda l’educazione più significativa e vicina al vissuto reale degli studenti?
Eugenia Carfora è Dirigente Scolastica dell’Istituto “Francesco Morano” di Caivano, scuola simbolo di riscatto situata nel difficile contesto del Parco Verde. Con determinazione e visione educativa, ha trasformato l’istituto in un modello nazionale di legalità e contrasto alla dispersione scolastica. Il suo impegno per offrire ai giovani un’alternativa concreta alla criminalità le ha valso numerosi riconoscimenti e ispirato anche una fiction televisiva. E oggi un esempio di come l’educazione possa essere strumento di rinascita sociale.
Eugenia Carfora – Ragazzi tra scuola e strada. Educare nel mondo reale La scuola e la strada – Domenica 18, ore 15:00
Come si educa davvero, quando i banchi di scuola confinano con le regole non scritte della strada? Eugenia Carfora, Dirigente Scolastica dell’Istituto “Francesco Morano” di Caivano, ci accompagna in una riflessione potente e concreta su come l’educazione formale possa (e debba) dialogare con i saperi informali appresi nella quotidianità, soprattutto nei contesti difficili.
Nel cuore del Parco Verde, la sua scuola è diventata presidio di legalità, speranza e possibilità. Un luogo in cui lo studio non è evasione dalla realtà, ma strumento di trasformazione. La Carfora mostra come riconoscere il vissuto dei ragazzi – fatto spesso di sfide, resilienza e sopravvivenza – sia il primo passo per una scuola più autentica e significativa.
«Se non riconosci la strada, non entrerai mai nella vita vera degli studenti.»
Con uno stile diretto e appassionato, richiama educatori e istituzioni a un’alleanza educativa che non tema la complessità, ma la abbracci come risorsa. Il suo intervento è un manifesto per una scuola che non respinge, ma accoglie. Che non giudica, ma comprende. Che non finge, ma ascolta.
Premiata per il suo impegno e raccontata anche in fiction TV, Eugenia Carfora è oggi un simbolo di riscatto e coraggio, esempio vivo di come l’educazione possa riscrivere destini.
Murubutu
LetteratuRap
A partire dalla propria esperienza di artista e docente, Murubutu illustra le potenzialità espressive del rap, i suoi legami con la letteratura, le sue potenzialità didattiche, la relazione fra libertà artistica responsabilità etica e
Alessio Mariani, in arte Murubutu, è rapper, cantautore e insegnante di storia e filosofia. Nato nel collettivo La Kattiveria, ha intrapreso la carriera solista nel 2009, distinguendosi per la fusione tra rap e narrazione letteraria, storica e filosofica. Il suo nome richiama il marabutto, figura africana legata al potere della parola, simbolo del valore che attribuisce al linguaggio. Tra i suoi album più noti: Tenebra è la notte, Storie d’amore con pioggia e La vita segreta delle città. Ha collaborato anche a graphic novel ispirate ai suoi testi, continuando a unire musica e insegnamento.
Murubutu – LetteratuRap La scuola e la strada – Domenica 18, ore 15:00
Alessio Mariani, in arte Murubutu, porta sul palco la sua esperienza unica di rapper, cantautore e insegnante di storia e filosofia, per raccontare il potere del rap come strumento di narrazione letteraria e riflessione sociale.
Nel suo intervento, Murubutu esplora come il rap possa essere molto più di musica: è letteratura in rima, una forma espressiva capace di coniugare libertà artistica e responsabilità etica. Attraverso le sue storie, fonde parole e melodie per raccontare fatti storici, filosofici e sociali con forza e profondità.
Il suo nome, ispirato alla figura del marabutto africano, simboleggia il potere della parola e della narrazione come strumenti di cambiamento e conoscenza. Tra i suoi album più amati ci sono Tenebra è la notte, Storie d’amore con pioggia e La vita segreta delle città.
Murubutu condivide inoltre la sua esperienza di docente, mostrando come il rap possa diventare un potente alleato nell’insegnamento e nel dialogo con i giovani, stimolando creatività, riflessione e partecipazione attiva.
Franco Gabrielli
Sicurezza e coesione sociale sono inseparabili e rappresentano il cuore di una democrazia equilibrata. La sicurezza non può ridursi a controllo e repressione, pena la creazione di nuove insicurezze e fratture sociali. In un tempo segnato dalla paura e dalla semplificazione, è fondamentale promuovere una visione inclusiva e sostenibile, fondata sul dialogo, l’ascolto, il rispetto dei diritti e la partecipazione.
La vera sicurezza nasce dalla coesione: solo in una società giusta e solidale può esistere una sicurezza condivisa, capace di coniugare legalità e umanità, fermezza e fiducia, senza sacrificare la dignità della persona.
Franco Gabrielli è prefetto e dirigente pubblico, con una lunga carriera nelle istituzioni. E stato tato Capo della Polizia (2016-2021), Prefetto di Roma e Capo della Protezione Civile. Ha gestito emergenze nazionali e ricoperto ruoli di primo piano nella sicurezza pubblica e nella tutela della legalita.
Franco Gabrielli “Sicurezza e coesione sociale. Un binomio inscindibile” La scuola e la strada – Domenica 18, ore 15:00
Franco Gabrielli riflette sul legame imprescindibile tra sicurezza e coesione sociale, elementi fondamentali per una democrazia equilibrata e sostenibile. In un’epoca dominata dalla paura e dalla semplificazione, Gabrielli sottolinea come la sicurezza non possa essere ridotta a mero controllo o repressione, perché questo genera nuove insicurezze e divide la società.
La sua visione punta su una sicurezza fondata sulla coesione, il dialogo, l’ascolto, il rispetto dei diritti e la partecipazione, dove legalità e umanità si intrecciano senza compromettere la dignità delle persone. Solo in una società giusta e solidale può esistere una sicurezza condivisa, che tenga insieme fermezza e fiducia.
Prefetto e dirigente pubblico di lungo corso, Franco Gabrielli ha ricoperto ruoli di primo piano come Capo della Polizia, Prefetto di Roma e Capo della Protezione Civile, gestendo emergenze nazionali e promuovendo la tutela della legalità con determinazione e visione.
In un mondo che sprona l’individuo verso precise competenze da offrire sul mercato del lavoro l’arte deve giustificare la propria esistenza.
Nessuno si chiede a cosa possa servire la scienza; l’arte, invece, sembra sempre lasciare perplessi riguardo alla sua utilità.
Che ruolo può avere l’arte nella formazione dell’individuo?
Martino Dondi è direttore d’orchestra e divulgatore musicale, impegnato nel rendere la musica classica accessibile e viva per tutti. E noto sui social per i suoi video virali in cui commenta con ironia brani pop da un punto di vista classicista, conquistando un vasto pubblico.
Accanto alla direzione, porta avanti un’intensa attività divulgativa, unendo competenza e leggerezza abbattere barriere e avvicinare ogni genere di ascoltatore alla grande musica. ezza per
Ruggero Dondi
Il mondo in cambiamento
In un’epoca che spinge l’individuo a sviluppare precise competenze da offrire sul mercato del lavoro, l’arte si trova spesso a dover giustificare la propria esistenza. Mentre nessuno si chiede a cosa serva la scienza, l’arte lascia spesso perplessi, specialmente sul suo valore e utilità pratica.
Ruggero Dondi invita a riflettere sul ruolo fondamentale che l’arte può avere nella formazione completa dell’individuo, andando oltre la dimensione strumentale per abbracciare quella più umana e culturale.
Martino Dondi, direttore d’orchestra e divulgatore musicale, conosciuto sui social per i suoi video ironici in cui analizza brani pop con una prospettiva classica, accompagna questa riflessione. Attraverso la sua attività, unisce competenza e leggerezza per abbattere barriere culturali e avvicinare ogni tipo di pubblico alla musica classica, rendendola accessibile e viva.
Maria Monti, psicologa e terapeuta specializzata in resilienza emotiva_, ci accompagna in un viaggio attraverso le storie di chi ha saputo trasformare le difficoltà in forza e speranza. In un’epoca segnata da cambiamenti rapidi e incertezze, la capacità di adattarsi e rinascere è un’abilità fondamentale per costruire un futuro migliore.
Attraverso testimonianze reali e strumenti pratici, Maria ci invita a scoprire come coltivare la resilienza nel cuore, nelle relazioni e nella comunità, per affrontare le sfide personali e sociali con coraggio e fiducia.
Vincenzo Schettini Il cambiamento che ci piace Il mondo in cambiamento – Domenica 18, ORE 17:00
Vincenzo Schettini è fisico, musicista e docente italiano, nonché popolare influencer scientifico. Laureato in Fisica e diplomato in Violino e Didattica della Musica, insegna Fisica negli istituti superiori. Dal 2017 ha conquistato un vasto pubblico sui social con il suo canale YouTube “La Fisica che ci Piace”, dove rende accessibili e coinvolgenti concetti scientifici complessi. È autore dei libri di successo La fisica che ci piace e Ci vuole un fisico bestiale e porta la scienza anche in teatro con il suo spettacolo. Nel 2024 ha debuttato come conduttore su Rai 2 con il programma La fisica dell’amore.
Sintesi del Festival dell’Educazione 2025: riflessioni e proposte per una scuola in trasformazione
Il Festival dell’Educazione 2025 propone un ricco calendario di interventi dedicati alle sfide e alle opportunità della scuola contemporanea. Si parte con Recalcati e alla sera arriva Giacomo Poretti, noto attore e comico, che affronta con ironia e profondità il delicato “equilibrio sdrucciolevole” dell’educazione, invitandoci a riflettere sulle complessità del ruolo educativo oggi.
Segue Red Fryk Hey, ballerina, insegnante e divulgatrice autistica, che mette in discussione il concetto di inclusione a scuola, proponendo una riflessione sulla reale convivenza con le persone con disabilità. La sua esperienza personale arricchisce un dibattito cruciale per una scuola veramente accogliente.
Giovanna Giacomini, pedagogista e fondatrice del modello “Scuole Felici”, lancia un invito coraggioso a rallentare, ponendo al centro benessere, gioco e relazione come pilastri per un apprendimento autentico e una salute mentale protetta. Il suo approccio, ispirato al sistema danese, richiama all’importanza di una scuola che sappia essere felice.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, riflette sul passaggio dal “sapere” e “saper fare” al “saper essere”, sottolineando il ruolo cruciale della scuola come presidio educativo di fronte alle nuove sfide sociali e tecnologiche, in un’epoca di rapidi cambiamenti e crisi emotive tra i giovani.
Anna Granata, pedagogista esperta in educazione interculturale, propone la creazione di “spazi terzi” oltre a scuola e famiglia, luoghi dove bambini e adolescenti possano sviluppare autonomia e immaginazione, favorendo la nascita di nuovi equilibri sociali basati su apertura e inclusione.
Il rapporto tra educazione formale e saperi informali è al centro della riflessione di Eugenia Carfora, dirigente scolastica di un istituto simbolo di riscatto sociale. Attraverso la sua esperienza nel Parco Verde di Caivano, dimostra come la scuola possa riconoscere e valorizzare i saperi della “strada”, trasformandoli in risorsa educativa.
L’intervento di Murubutu, rapper e insegnante di storia e filosofia, apre alla potenza espressiva del rap, che fonde narrazione letteraria, storia e filosofia. La sua esperienza dimostra come la musica possa diventare uno strumento didattico efficace e una forma di libertà artistica con responsabilità etica.
Il tema della sicurezza come elemento fondante della coesione sociale è affrontato da Franco Gabrielli, prefetto e dirigente pubblico, che sottolinea come sicurezza e legalità debbano andare di pari passo con il rispetto dei diritti, l’ascolto e la partecipazione attiva per costruire una società giusta e solidale.
Nel panorama culturale, Ruggero Dondi, direttore d’orchestra e divulgatore, ci ricorda il valore imprescindibile dell’arte nella formazione umana. In un’epoca che chiede competenze misurabili, l’arte è chiamata a giustificare la propria esistenza come elemento essenziale per lo sviluppo dell’individuo.
Infine, Vincenzo Schettini, fisico e musicista, rappresenta il connubio tra scienza e creatività. Attraverso i suoi canali digitali e spettacoli teatrali, rende accessibili e affascinanti le leggi della fisica, insegnando come il sapere scientifico possa cambiare il nostro modo di vedere il mondo.
Il Festival dell’Educazione 2025 si conferma così come uno spazio vivo di confronto e innovazione, dove si intrecciano riflessioni pedagogiche, artistiche, scientifiche e sociali per immaginare una scuola più umana, inclusiva e attenta al benessere di chi educa e di chi impara.
Elenco completo degli intervenuti con i rispettivi titoli ed esperienze:
Giacomo Poretti – Attore e comico, membro del celebre trio comico “Aldo, Giovanni e Giacomo”.
Red Fryk Hey – Ballerina, insegnante, divulgatrice e attivista autistica.
Giovanna Giacomini – Pedagogista, fondatrice del modello educativo “Scuole Felici”.
Alberto Pellai – Medico, psicoterapeuta, autore e ricercatore in ambito educativo e psicologia.
Anna Granata – Pedagogista, professoressa associata all’Università di Milano-Bicocca, esperta in educazione interculturale e dinamiche familiari.
Eugenia Carfora – Dirigente scolastica dell’Istituto “Francesco Morano” di Caivano, noto per l’impegno nella legalità e nella lotta alla dispersione scolastica.
Murubutu (Alessio Mariani) – Rapper, cantautore e insegnante di storia e filosofia, fondatore del collettivo La Kattiveria.
Franco Gabrielli – Prefetto e dirigente pubblico, ex Capo della Polizia, Prefetto di Roma e Capo della Protezione Civile.
Ruggero Dondi – Direttore d’orchestra e divulgatore musicale, noto per la sua attività sui social media.
Vincenzo Schettini – Fisico, musicista, docente e influencer scientifico, conduttore televisivo su Rai 2.
Oggi c’è troppo freddo nei luoghi educativi. Bisogna riportare il fuoco. Un fuoco che non brucia, ma scalda. Che lascia tracce, non solo schemi. Che crea uno stile memorabile, non una prestazione.
DonErman – Il fuoco dell’educazione perduta (e ritrovabile) Una riflessione filologica, nata dall’esperienza viva
Mi chiamo Ermanno, ma per molti sono DonErman. Ho 65 anni e una vita passata tra cantieri, contabilità, incontri e insegnamenti. Non sono un educatore “di mestiere”, ma un educatore “per presenza”. Perché educare, per me, è stare. È esserci, davvero. È riconoscere negli altri ciò che siamo stati, e offrire ciò che siamo diventati.
Questa riflessione nasce dalla mia filologia personale: non quella dei testi scritti, ma dei testi viventi. Una filologia che ho maturato osservando, ascoltando, accompagnando persone vere, nei loro crocevia educativi e umani.
Come la mia recente disputa con Diana, professionista della mente, psicoterapeuta, figlia unica cresciuta nel vuoto emotivo. Diana cura, ascolta, accoglie… ma senza lasciare traccia. Non genera calore, né stile. È diventata madre delle altrui fragilità, ma non ha saputo essere figlia del proprio desiderio. I suoi clienti – genitori, figli, coppie – cercano senso, lei offre griglie. Ascoltano, ma non si scaldano.
O la mia recente discussione con Marta, insegnante severa e impaurita, maltrattata dagli studenti, incapace di accogliere gli amici. Reagisce con durezza, confonde il rispetto con la distanza. Ha imparato il dovere, ma non la gentilezza. Vive l’educazione come guerra, non come alleanza.
E poi Livia, giovane donna colta, trilingue, guida brillante e infelice. Sottomessa alla madre iperattiva, dipendente dalla prestazione, incapace di dirsi “basta”. L’ho vista rincorrere il perfetto, tradita dal bisogno di approvazione. Anche lei insegna, ma non vive. Anche lei guida, ma non sa dove andare.
Tutte queste figure – e altre ancora – mi hanno portato a un’intuizione semplice: educare è accendere fuochi, non compilare moduli.
Oggi, in un tempo di “servizi educativi” e “percorsi psico-pedagogici”, manca la presenza incarnata. Manca il coraggio di mettersi in gioco. Manca l’umiltà di restare. I ragazzi lo sentono. Hanno fame di adulti veri, non di tecnici del comportamento. Hanno fame di racconto, di errore condiviso, di occhi che restano accesi anche quando tutto sembra buio.
EduFest dovrebbe essere un luogo dove questa fame trova risposta. Non una fiera dell’offerta formativa, ma un laboratorio di relazione intergenerazionale, dove anche un vecchio geometra può raccontare qualcosa a un giovane confuso. Dove le storie valgono più dei protocolli. Dove si può dire: “io ho sbagliato, e per questo posso camminarti accanto”.
Il mio contributo è semplice: offrire una filologia delle vite vere, una lettura degli esseri umani come testi viventi da non interpretare ma da onorare. Riconsegnare calore, spessore e stile all’educare. Lasciare che anche il più fragile senta di poter essere autore, non solo paziente.
Perché alla fine, l’educazione vera è un’eredità viva, fatta di memoria, coraggio e vicinanza. E ogni fuoco che oggi accendiamo, sarà domani una casa per qualcuno.
Omissis
Di Redazione
DonE
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EduFest - Replica personale (Replica mentale - ero solo uno spettatore)
DonErman – Il fuoco dell’educazione perduta (e ritrovabile)
Una riflessione filologica, nata dall’esperienza viva
Mi chiamo Ermanno, ma sui social sono stato anche DonErman. Ho 66 anni e una vita passata tra cantieri, contabilità, lavori di istruzione e assistenza, incontri e insegnamenti. Non sono un educatore “di mestiere”, ma un educatore “per presenza”. Perché educare, per me, è stare. È esserci, davvero. È riconoscere negli altri ciò che siamo stati, e offrire ciò che siamo diventati.
Questa riflessione nasce dalla mia filologia personale: non quella dei testi scritti, ma dei testi viventi. Una filologia che ho maturato osservando, ascoltando, accompagnando persone vere, nei loro crocevia educativi e umani.
Ho appena vissuto tre Esperienze personali di interazione educativa tra persone di differente età .
Come Bernardetta professionista della mente, psicoterapeuta, figlia unica cresciuta nel vuoto emotivo. Diana cura, ascolta, accoglie... ma senza lasciare traccia. Non genera calore, né stile. È diventata madre delle altrui fragilità, ma non ha saputo essere figlia del proprio desiderio. I suoi clienti – genitori, figli, coppie – cercano senso, lei offre griglie. Ascoltano, ma non si scaldano.
O Marta, insegnante severa e impaurita, maltrattata dagli studenti, incapace di accogliere gli amici. Reagisce con durezza, confonde il rispetto con la distanza. Ha imparato il dovere, ma non la gentilezza. Vive l’educazione come guerra, non come alleanza.
E poi Livia, giovane donna colta, trilingue, guida brillante e infelice. Sottomessa alla madre iperattiva, dipendente dalla prestazione, incapace di dirsi "basta". L’ho vista rincorrere il perfetto, tradita dal bisogno di approvazione. Anche lei insegna, ma non vive. Anche lei guida, ma non sa dove andare.
Tutte queste figure – e altre ancora – mi hanno portato a un’intuizione semplice: educare è accendere fuochi, non compilare moduli.
Oggi, in un tempo di “servizi educativi” e “percorsi psico-pedagogici”, manca la presenza incarnata. Manca il coraggio di mettersi in gioco. Manca l’umiltà di restare. I ragazzi lo sentono. Hanno fame di adulti veri, non di tecnici del comportamento. Hanno fame di racconto, di errore condiviso, di occhi che restano accesi anche quando tutto sembra buio.
EduFest dovrebbe essere un luogo dove questa fame trova risposta. Non una fiera dell’offerta formativa, ma un laboratorio di relazione intergenerazionale, dove anche un vecchio geometra può raccontare qualcosa a un giovane confuso. Dove le storie valgono più dei protocolli. Dove si può dire: “io ho sbagliato, e per questo posso camminarti accanto”.
Il mio contributo è semplice: offrire una filologia delle vite vere, una lettura degli esseri umani come testi viventi da non interpretare ma da onorare. Riconsegnare calore, spessore e stile all’educare. Lasciare che anche il più fragile senta di poter essere autore, non solo paziente.
Perché alla fine, l’educazione vera è un’eredità viva, fatta di memoria, coraggio e vicinanza. E ogni fuoco che oggi accendiamo, sarà domani una casa per qualcuno.
DonErman risponde (idealmente) agli invitati di EduFest
Da cittadino, non da maestro. Da testimone, non da giudice.
A Franco Nembrini – La parola che risveglia
Caro Franco,
hai dato voce al dolore di tanti genitori, mostrando che educare è sempre un cammino di fallimenti e riscatti. Io, da uomo semplice, ti dico: è vero, non si cresce senza ferite. Ma la ferita non basta: ci vuole presenza vera, quotidiana, e stile. I giovani vedono subito chi parla e chi vive. Parliamo di Dante, ma soprattutto camminiamolo. Ti sono vicino nel desiderio di riportare l’educazione al cuore, ma io la metto anche nei gesti piccoli: preparare un pranzo, accompagnare in silenzio, restare dopo che tutti sono andati via.
A Franco Gabrielli – Sicurezza che ascolta
Caro Prefetto,
parlare di sicurezza come coesione è oggi atto rivoluzionario. Hai ragione: senza fiducia non c’è legge che tenga. Ma ti aggiungo questo, da strada: la coesione nasce quando un ragazzo si sente visto. Non sorvegliato, non trattato come un rischio. Visto. Io la mia sicurezza l’ho costruita con lo sguardo, non con le telecamere. E se oggi tanti giovani spaccano tutto, forse è perché nessuno ha mai riconosciuto il loro fuoco. Proviamo a farlo. Anche solo con un caffè.
A Martino Dondi – Il senso che canta
Caro Martino,
l’arte ha senso perché ci tiene umani, anche quando il mondo ci vuole utili. Il tuo tentativo di rendere la musica comprensibile è bellissimo, ma io ti lancio una sfida: rendila abitabile. Porta i tuoi ascoltatori a sentire il silenzio tra le note, non solo a capirlo. Perché oggi i giovani sono pieni di suoni, ma poveri di silenzi. E nel silenzio nasce la domanda, e nella domanda, il senso. Io, anche senza spartito, provo a lasciare una melodia con le mie azioni.
A Vincenzo Schettini – La fisica dell’amore
Caro Vincenzo,
sei riuscito a far brillare la fisica come un racconto d’amore. Ti ammiro. Ma ricordiamoci: l’amore non si misura, si testimonia. Tu lo fai con energia e passione, e questo è già educazione. Però non dimentichiamo che c’è una fisica anche nelle relazioni: la legge della prossimità, la dinamica della fedeltà, la gravità del silenzio. Io insegno la fisica del cucire una sedia, del portare pazienza, dell’abitare una casa con stile. Anche questo è scienza, anche questo “ci piace”.
A me stesso, DonErman – La pedagogia dell’esempio
Mi rivolgo infine a me stesso. A te, vecchio geometra, cuoco dilettante, riparatore, ascoltatore. Hai visto Diana (la terapeuta che non sa amare), Marta (la docente che ha paura), Livia (la figlia intrappolata). E non hai predicato: hai stato. Continua così. Offri stile, non soluzioni. Sii legno secco che accende il fuoco, non scintilla sterile. Ricorda: i giovani non hanno bisogno di eroi, ma di uomini veri. Che perdano tempo con loro, che cucinino con loro, che si sbaglino davanti a loro. Questo è educare. Questo è vivere.
Ciao.
DonErman
Dulcis in fundo
Ringraziamento e Encomio a Riccardo Visentin
Assessore alle Politiche Sociali e Centralità della Persona
Con profonda gratitudine e sincera ammirazione, rivolgiamo un sentito ringraziamento all’Assessore Riccardo Visentin per il suo straordinario contributo alla realizzazione di EduFest 2024.
La sua visione lucida e coraggiosa ha saputo collocare al centro del dibattito pubblico la questione educativa, non solo attraverso l’organizzazione di convegni e momenti di riflessione, ma promuovendo una vera e propria festa del pensiero, dell’incontro e della trasformazione. Grazie alla sua guida, il Festival ha saputo offrire un palcoscenico nazionale alle voci più autorevoli nel panorama dell’educazione, della cultura e della società civile, dando spazio al dialogo tra esperienze, generazioni e visioni.
Portare EduFest fuori dai grandi centri urbani, nel cuore vivo e spesso dimenticato della provincia, è stata una scelta audace e lungimirante che ha colto il senso delle trasformazioni in atto nel nostro Paese: è nelle realtà decentrate che oggi si gioca la partita più vera del cambiamento educativo e sociale.
La presenza attenta e inclusiva dell’Assessore Visentin ha garantito che questo evento fosse non solo un momento di confronto di alto profilo, ma anche un’occasione di autentica partecipazione, in cui ogni cittadino, ogni associazione, ogni giovane potesse sentirsi parte di un progetto collettivo.
A lui va il nostro encomio per aver creduto in un’educazione che non si limita a istruire, ma che plasma coscienze, rafforza legami, genera comunità e prepara il futuro.
Grazie, Riccardo Visentin, per aver dato voce e spazio all’educazione che trasforma.
Grazie ai curatori del Festival
Roberto Prencipe e Alessandro Quattrino
Per conto di Progetto A e ORSA – Soggetti promotori di EduFest
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Navigazione evento gratuito
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Sintesi della Parte 1 del discorso
Nel nostro tempo, ossessionato dall'allungamento della vita, si sacrifica la vitalità autentica in nome del benessere e della durata. Ma il vero valore non è vivere a lungo, bensì vivere intensamente. L’educazione ha il compito fondamentale di accendere il desiderio nei figli – desiderio per qualcosa che dia senso alla vita (arte, sport, amore, conoscenza…). Questo è il cuore della prevenzione, più di ogni regola o controllo.
Il vero obiettivo educativo non è imporre regole esterne, ma scrivere nella “carne del cuore” dei figli il senso della legge: cioè la consapevolezza che “non tutto è possibile”. È questo limite, il “non tutto”, che struttura ogni civiltà, e che va interiorizzato per crescere. Non si rinuncia per paura della sanzione, ma perché ci si appassiona ad altro. La libertà nasce dal limite, non dal tutto.
L’arrivo del “due” – un fratello, un altro punto di vista, una democrazia – rompe l’illusione del totalitarismo dell’“uno”. Il trauma del due (come tra Caino e Abele) è fondante per imparare a convivere con l’altro. L’educazione serve a far accettare questa alterità, senza mortificare la vita ma anzi proteggendola. Il vero educatore non impone con sadismo, ma accompagna nel riconoscere e abitare la propria “stortura”, come una vite che cresce viva anche se non perfetta.
Sintesi della Parte 2 del discorso di Massimo Recalcati:
Recalcati riflette sul tema dell’eredità, intesa non come trasmissione di contenuti precisi o norme rigide, ma come trasmissione di un desiderio, di una passione viva. L’eredità si manifesta in forma invisibile: non è ciò che si dice, ma ciò che si testimonia attraverso la vita. I figli non ricordano i discorsi sul senso della vita, ma ricordano se il genitore ha mostrato che la vita può avere un senso.
Il desiderio dei genitori è ciò che lascia il segno, anche se non immediatamente. Serve tempo, pazienza e fede nel desiderio del figlio, che va messo alla prova e sostenuto. Recalcati fa l’esempio di un figlio che vuole fare teatro: se il desiderio è autentico, resisterà alle difficoltà.
Il “no” dei bambini, come anche le bugie, sono segnali importanti: indicano l’emergere di un pensiero proprio, di una separazione necessaria. La bugia è vista positivamente perché rappresenta la nascita di un mondo interiore separato dal genitore.
Infine, Recalcati parla del passaggio dall’infanzia all’adolescenza: da piccoli l’angoscia deriva dall’assenza dei genitori, da adolescenti l’angoscia può derivare dalla loro presenza troppo invadente. Alcuni “no” dei figli sono tentativi sani di separazione e individuazione. Anche patologie come l’anoressia, nella loro radice, possono esprimere un desiderio estremo di differenziazione e autonomia.
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Di Redazione
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Parole dette da Recalcati
(Ecco la prima parte del discorso pronunciato - translitterazione della registrazione sonora del discorso)
“Il fuoco del desiderio e il senso della legge”
Non si tratta semplicemente di eredità materiale. L'eredità vera è una continuità, anche nella discontinuità: è un filo sottile che collega generazioni, anche quando i mestieri o le scelte di vita sembrano differenti. Guardate chi lavora con passione: magari fa qualcosa di molto diverso da ciò che facevano i genitori, eppure si percepisce quel filo invisibile che trasmette il fuoco.
Io stesso ho fatto esperienza del desiderio dei miei genitori, non perché mi abbiano detto “questo è il senso della vita”, ma perché la loro esistenza mostrava che la vita può avere un senso. Non spiegavano, testimoniavano.
I semi della testimonianza
Quando saremo adulti, ciò che ci resterà dentro non saranno tanto le parole, quanto le testimonianze. Anche se i genitori sbagliano, anche se non sono perfetti, ciò che lascia un segno è il desiderio che li muove.
E poi ci sono i maestri, la scuola. Almeno uno – spesso uno solo – lo ricordiamo. Non perché ricordiamo esattamente la materia che insegnava, ma per come ci ha insegnato. Per lo stile, per il modo in cui entrava in rapporto con il sapere. Per il suo spirito, che accendeva in noi una scintilla.
Il desiderio non si insegna, si testimonia
Il dialogo tra genitori e figli non sempre lascia traccia, soprattutto con gli adolescenti. Ti raccontano qualcosa di profondo la sera, e il giorno dopo è come se nulla fosse cambiato. Ma ciò che resta, nel tempo, è la testimonianza del desiderio. I frutti non si vedono subito, ma col tempo emergono.
Serve pazienza. E fede. Fiducia. La fiducia che abbiamo nei figli nutre il loro desiderio.
Se un figlio vuole fare teatro, per esempio, non lo prendiamo subito sul serio, magari ridiamo, ma se è un vero desiderio, allora resisterà alla prova. Il capriccio si scioglie al primo ostacolo. Il desiderio, invece, dura. E allora noi dobbiamo avere fede nel desiderio del figlio, perché più ci crediamo, più si irrobustisce.
Il no e la bugia: esercizi di separazione
Il “no” dei bambini è come una bugia. E questo non è un male. È una scoperta: il bambino scopre che può avere un pensiero suo, un segreto che i genitori non conoscono. È un'esperienza di separazione. Poi, magari, dirà la verità – dopo un giorno, un mese, un anno – ma intanto sta imparando a separarsi.
Questo “no” prefigura l’adolescenza: il momento in cui la presenza del genitore può causare angoscia. Il bambino piccolo si calma con la presenza. L’adolescente, invece, si sente soffocato. È un passaggio difficile: smettere di essere angosciati dall’angoscia dei nostri genitori. È un tratto infantile che può durare anche da adulti.
L’anoressia, ad esempio, è una forma patologica di separazione: “non mangio perché voglio essere diversa da te”. È un rifiuto che dice: “Non sono te, voglio essere me stessa”.
Una vita viva, non solo lunga
Viviamo in un’epoca ossessionata dalla durata della vita. Facciamo di tutto per allungarla, tra tecnologie, rinunce e regole salutiste. Ma dimentichiamo che non conta la lunghezza della vita, ma la sua intensità, la sua ampiezza.
Educare, allora, non significa solo proteggere, regolare, curare: significa accendere la vita dei nostri figli. E questo è il gesto più potente di prevenzione.
Possiamo preparare il terreno migliore, mettere i semi migliori, ma nessuna attenzione, per quanto premurosa, potrà assicurare la felicità del figlio. È una verità dolorosa ma va detta. A volte i figli si perdono – nella depressione, nella dipendenza – e i genitori hanno fatto tutto il possibile. Anzi, spesso sono genitori migliori di noi.
Il senso della legge
Non c'è una causalità semplice tra educazione e risultato. Non è: “faccio questo, ottengo quello”. C'è sempre una distanza. E in questa distanza si gioca tutto.
Oggi si moltiplicano le regole, ma non per forza si educa. Si moltiplicano perché manca il senso della legge. La legge non è solo una regola esterna: è qualcosa che va scritta nel cuore del figlio. Come dice il profeta Ezechiele: “nella carne viva del cuore”.
Io guardo i miei figli e posso dire: “forse sbaglieranno, forse cadranno, ma non uccideranno, non ruberanno, non si perderanno completamente”, perché il senso della legge è stato iscritto nel loro cuore. Non come paura della punizione, ma come assenza di desiderio verso ciò che è sbagliato, perché altri desideri – più vivi, più alti – li abitano.
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Ecco la seconda parte del discorso di Recalcati diviso in quattro parti
PARTE 1
Benedetti fratelli e sorelle, mi ricordo perché i fratelli e le sorelle ci ricordano che non sei il centro di più, trauma virtuoso, trauma positivo. C’è un pluralismo. I fratelli e le sorelle ci ricordano che devi fare il lutto del numero, che dal punto di vista politico è l’esperienza della democrazia. No: l’esperienza della democrazia è fare il lutto dell’uno. Non tutti pensano quello che pensi. Sei obbligato a tradurre le lingue degli altri. Come in una famiglia. Quando nasce un fratello, nasce una sorella.
Mi ricordo il mio vecchio professore Franco Fornari alla Statale di Milano, quando seguivo i suoi corsi affollatissimi, come questa sera. Era un piacentino contadino. Diceva: “Su Freud, Freud è come il maiale, non si butta via niente.” Giusto per darvi l’idea del tempo. E poi lui dava la parola, e c’erano sempre alcuni che alzavano la mano, intervenivano e cominciavano a fare una seconda lettura. Lui ascoltava con pazienza e poi, quando terminavano, diceva: “Scusi, ma lei è figlio unico?” Gli unici non sanno – tranne mia moglie ovviamente, che non è qua – non sanno che c’è l’altro, il trauma del due.
Se volete: il passaggio dal totalitarismo del “mio” alla democrazia del “due”, dall’“uno” al “due”. Un passaggio difficile. Pensate alla vicenda tra Caino e Abele, no? Quando arriva il “due”, Caino reagisce con la guerra. La guerra è questo: l’incapacità di fare il lutto dell’uno. Due popoli in due stati: perché non è possibile? Perché da ambo le parti non sanno fare il lutto dell’uno. E tra l’altro sono i fanatismi religiosi, da ambo le parti, che non sanno fare, non sanno pensare il “non tutto”.
PARTE 2
Ma qui torniamo alla legge. La legge dice: non puoi tutto. “Non tutto”, ma lo fa, attenzione, questo è centrale anche nei rapporti tra maestri e allievi, a scuola: l’iscrizione del “non tutto”. Ma questa iscrizione è per castigare? Punire? Mortificare la vita? “Non puoi far tutto quello che vuoi” – è per spiegare, per punire, per mortificare la vita? Aggiungo: magari godendo, come accadeva prima del ’68 nelle scuole italiane.
L’esercizio sadico del potere, dove il maestro godeva nel somministrare punizioni, castighi. Dove anche in famiglia si godeva nel somministrare castighi, punizioni. Mi ricordo, quando ero alle elementari – io vengo da queste parti, Cernusco sul Naviglio – i miei genitori… una volta eravamo in seconda elementare. Tutti i maschi, ovviamente, da una parte, e le femmine dall’altra, col grembiule nero. A un certo punto nevica. E tutti noi guardiamo la neve. E la maestra, la maestra milanese incazzata perché doveva venire a Cernusco, in provincia, con dei balordi che avevano nelle loro lingue le schegge del dialetto, ci fumava murati in classe con uno chignon, il mostro.
Vi ricordo che per la prima uscita – noi, seconda elementare – c’era… a me è morto il primo maestro. Qui eravamo anche afflitti. Arriva e ci guarda: “Voi siete tutti delle viti storte. Io sono il paletto e il filo di ferro, e il mio compito è raddrizzarvi.” Processione. Come dovrebbe fare una brava maestra. “Voi siete tutti delle viti storte, giusto. Ma io vi amo. La stortura è vostra.”
PARTE 3
Penso che – come dice il grande poeta – dai diamanti, cioè dai perfetti, non nasce niente. E che dal letame, cioè dalla nostra stortura… mentre il gesto era “raddrizzarci” come delle viti storte, ma generare paura, generare timore, come la rappresentazione catechistica cattolica del Dio di cui bisognava avere paura, timore. Una volta: proteggerci. Questo è un punto molto importante. Il vero educatore – il genitore, il maestro o chi per lui – è obbligato a esercitare il potere, perché sennò il “non tutto” non esisterebbe.
È obbligato a dire dei “no”. Un mio paziente, giovane tossicomane, dice: “I miei genitori non mi hanno mai detto un no che sia stato un vero no.” Quindi noi dobbiamo dire dei no. Un maestro, una maestra devono dire dei “no”, ma non godono quando lo dicono. Non esercitano il potere con piacere. Lo fanno controvoglia. Lo devo fare. Lo faccio. Dico “no”. Ma lo dico perché tu possa desiderare.
Allora: il “non tutto”, il “non puoi tutto”, serve non a mortificare la vita, ma ad accendere il desiderio, a rendere possibile il movimento del desiderio. Proprio perché non puoi sapere tutto – torniamo a Genesi – proprio perché non puoi sapere tutto il sapere, puoi conoscere. Proprio perché non hai tutto, non puoi avere tutto, non puoi essere tutto, puoi desiderare. E questo è il denominatore comune del disagio giovanile, se ci pensate.
PARTE 4
Se pensiamo alla tossicomania, all’alcolismo, alla violenza, alla dipendenza tecnologica, agli attacchi di panico, eccetera eccetera… e dovessimo dire: c’è un denominatore comune? Certo che c’è: la fatica di desiderare, la mancanza della vocazione al desiderio. E perché c’è questa mancanza? Perché non c’è stata esperienza del “non tutto”.
Allora, perché alcuni miei colleghi vanno in televisione? Io, tra l’altro – è detto – non ci vado mai, rifiuto sempre. Mi chiamano tutte le settimane più volte, non ci vado mai. Vado una volta l’anno, non mi piace. Il talk show è una roba insopportabile per me. Ci vado solo se posso parlare da solo. Ho chiesto: “Vengo solo se mi fate stare da solo.” Ecco. Molti miei colleghi invece ci vanno. E cosa dicono del disagio giovanile? Che i genitori sono smidollati. Che i figli sono diventati re. Che bisogna dare mazzate.
No. Non hanno bisogno di mazzate.
Vi ricordate la neve? La maestra ci ha visti sopraffatti dalla bellezza della neve. E ci ha detto: “Nessuno di voi mi ascolta. Seguitemi.” Ci ha portati fuori, nel campo di calcio innevato. Ci ha messi in fila. Mancava il mitragliatore. Dopo cinque minuti con le mani fuori, sono uscito delle bistecche. Mio padre ha visto le mani: “Oh, come era bello una volta!” Rimpiangono questi tempi. La maestra con la bacchetta. L’umiliazione come criterio pedagogico. Hanno nostalgia del passato. Ma non si esce guardando indietro. Bisogna guardare avanti.
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Festival dell’Educazione 2025: riflessioni e proposte per una scuola in trasformazione
Il Festival dell’Educazione 2025 propone un ricco calendario di interventi dedicati alle sfide e alle opportunità della scuola contemporanea. Si apre con Recalcati e si chiude con Giacomo Poretti, noto attore e comico, che affronta con ironia e profondità il delicato “equilibrio sdrucciolevole” dell’educazione, invitandoci a riflettere sulle complessità del ruolo educativo oggi.
Segue Red Fryk Hey, ballerina, insegnante e divulgatrice autistica, che mette in discussione il concetto di inclusione a scuola, proponendo una riflessione sulla reale convivenza con le persone con disabilità. La sua esperienza personale arricchisce un dibattito cruciale per una scuola veramente accogliente.
Giovanna Giacomini, pedagogista e fondatrice del modello “Scuole Felici”, lancia un invito coraggioso a rallentare, ponendo al centro benessere, gioco e relazione come pilastri per un apprendimento autentico e una salute mentale protetta. Il suo approccio, ispirato al sistema danese, richiama all’importanza di una scuola che sappia essere felice.
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta, riflette sul passaggio dal “sapere” e “saper fare” al “saper essere”, sottolineando il ruolo cruciale della scuola come presidio educativo di fronte alle nuove sfide sociali e tecnologiche, in un’epoca di rapidi cambiamenti e crisi emotive tra i giovani.
Anna Granata, pedagogista esperta in educazione interculturale, propone la creazione di “spazi terzi” oltre a scuola e famiglia, luoghi dove bambini e adolescenti possano sviluppare autonomia e immaginazione, favorendo la nascita di nuovi equilibri sociali basati su apertura e inclusione.
Il rapporto tra educazione formale e saperi informali è al centro della riflessione di Eugenia Carfora, dirigente scolastica di un istituto simbolo di riscatto sociale. Attraverso la sua esperienza nel Parco Verde di Caivano, dimostra come la scuola possa riconoscere e valorizzare i saperi della “strada”, trasformandoli in risorsa educativa.
L’intervento di Murubutu, rapper e insegnante di storia e filosofia, apre alla potenza espressiva del rap, che fonde narrazione letteraria, storia e filosofia. La sua esperienza dimostra come la musica possa diventare uno strumento didattico efficace e una forma di libertà artistica con responsabilità etica.
Il tema della sicurezza come elemento fondante della coesione sociale è affrontato da Franco Gabrielli, prefetto e dirigente pubblico, che sottolinea come sicurezza e legalità debbano andare di pari passo con il rispetto dei diritti, l’ascolto e la partecipazione attiva per costruire una società giusta e solidale.
Nel panorama culturale, Ruggero Dondi, direttore d’orchestra e divulgatore, ci ricorda il valore imprescindibile dell’arte nella formazione umana. In un’epoca che chiede competenze misurabili, l’arte è chiamata a giustificare la propria esistenza come elemento essenziale per lo sviluppo dell’individuo.
Infine, Vincenzo Schettini, fisico e musicista, rappresenta il connubio tra scienza e creatività. Attraverso i suoi canali digitali e spettacoli teatrali, rende accessibili e affascinanti le leggi della fisica, insegnando come il sapere scientifico possa cambiare il nostro modo di vedere il mondo.
Il Festival dell’Educazione 2025
Si conferma così come uno spazio vivo di confronto e innovazione, dove si intrecciano riflessioni pedagogiche, artistiche, scientifiche e sociali per immaginare una scuola più umana, inclusiva e attenta al benessere di chi educa e di chi impara.
Di Redazione
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